È virale in questi giorni un video commovente: un’anziana signora affetta da Alzheimer che indossa un paio di cuffie. Sta ascoltando la musica de Il lago dei cigni di Čajkovskij, e dopo poche battute sembra compiersi un incantesimo: pur dalla sua sedia a rotelle, d’improvviso riproduce, con decisione e sentimento, i movimenti del balletto con cui lei stessa aveva emozionato il pubblico molti anni prima.
La donna è Marta C. González, già prima ballerina del New York City Ballet, venuta a mancare nel 2019. Il video è stato montato con le scene tratte da una coreografia simile di Yuliana Lopatkina che danza La morte del cigno, e diffuso in sua memoria dall’associazione no profit Música Para Despertar, che utilizza la musica per aiutare i malati di Alzheimer a far riaffiorare i ricordi.
Ma come è possibile rievocare dei passi di danza imparati decenni prima se si è affetti da una patologia nota per compromettere le capacità di ricordare? Ci rispondono il Prof. Massimo Filippi, Ordinario di Neurologia UniSR e Direttore del Dipartimento di Neurologia dell'IRCCS Ospedale San Raffaele, e la Prof.ssa Federica Agosta, Associato di Neurologia UniSR e Ricercatrice presso lo stesso Dipartimento.
La letteratura scientifica ci suggerisce che la memoria non è da considerarsi come un sistema unitario, ma come composta da diversi “magazzini”, ognuno dei quali con diverse funzioni.
Nel caso dei pazienti affetti da malattia di Alzheimer è la memoria episodica a essere colpita inizialmente, ossia quella che ci fa ricordare i dettagli di un evento: quando e dove è successo e, eventualmente, con chi l’abbiamo vissuto. Tutte informazioni che vengono apprese e consolidate da una piccola ma importante struttura cerebrale, l’ippocampo, che è la prima a subire la progressiva perdita di cellule cerebrali in questa malattia.
La memoria procedurale, invece, è la capacità di recuperare in modo automatico quanto precedentemente appreso, per esempio, ci permette di ricordare come andare in bicicletta o come sciare, ed è mantenuta intatta per lunga parte della malattia.
È per questo motivo che un paziente con malattia di Alzheimer potrebbe non ricordare cosa ha mangiato a pranzo, ma potrebbe essere in grado di ballare, esattamente come Marta González.
Tra le aree cerebrali deputate alla “memoria musicale”, il cingolo anteriore e l’area supplementare motoria, localizzate nel lobo frontale, sono tra le più importanti e sono relativamente preservate in questi pazienti. Nello specifico, queste aree sono coinvolte nel riconoscimento di suoni, parole, stimoli uditivi familiari, appresi in passato.
Così, questi suoni, diventano una chiave alternativa di accesso a ricordi autobiografici ed esperienze passate altrimenti perduti. Le memorie musicali sono dei veri e propri alleati per questi pazienti e, amplificate da sensazioni positive, generano una piacevole “risonanza emotiva”.
In campo riabilitativo, l’impiego della musicoterapia, della danza e dell’arteterapia [1,2] è utile per il mantenimento delle capacità mnesiche: bastano una foto, una canzone o una poesia per stimolare il paziente a ricordare vissuti personali ed emotivi. E con queste chiavi di accesso alternative, il paziente può ritrovare la sua identità ed il caregiver può ‘magicamente’ incontrare di nuovo la persona a cui è affezionato.
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[1] Zeisel J. (2011) Sono ancora qui. Come la musica, il cinema, la danza e la pittura ci aiutano a capire e comunicare con chi vive con l'Alzheimer. Orme Edizioni
[2] Sacks O. (2010) Musicofilia. Adelphi