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Un “film affrescato” sulle pareti di Palazzo Arese Borromeo

Scritto da Alessandro Rossi | Apr 26, 2022 12:09:45 PM

È talvolta possibile intravedere cinematograficamente l’inganno in pittura, posando sull’arte figurativa antica uno sguardo in grado di cogliere il movimento che silenziosamente avviene sotto la superfice pittorica, dinamizzando l’opera in un processo mentale che collega occhio e mente, sensibilità percettiva e memoria, emozione e cultura.

Si presta in particolar modo a questo esperimento l’affresco centrale della parete nord del salone dei Fasti romani di Palazzo Arese Borromeo a Cesano Maderno, che raffigura la sintesi iconografica di due episodi distinti dell’Eneide virgiliana: 1) la favorevole accoglienza di Enea da parte della regina Didone, grazie anche a un sotterfugio della dea Venere; 2) il monito che Enea riceve da Mercurio, inviato da Giove, di abbandonare Didone e la città di Cartagine.

Ercole Procaccini il Giovane, Enea riceve da Mercurio l’ordine di abbandonare Cartagine e la regina Didone, Cesano Maderno, Palazzo Arese Borromeo, Salone dei Fasti romani, parete nord.

 

Questo affresco, attribuito a Ercole Procaccini il Giovane (Milano, 1605-1680), costituisce un significativo esempio in cui la retorica figurativa dei puttini alati che sorvolano la scena si intreccia con la narrazione poetica del mito, creando, attraverso un inganno-illusione a più livelli (consci e inconsci), una dinamica visione interiore che si struttura nella mente dell’osservatore grazie a un sofisticato gioco di prolessi e analessi.

Sulla destra la scena rappresenta Didone che, in compagnia delle sue ancelle, accoglie amorevolmente fra le sue braccia lo slancio di Cupido “d’aspetto e di viso trasformato” nel giovane Ascanio.

Ercole Procaccini il Giovane, Enea riceve da Mercurio l’ordine di abbandonare Cartagine e la regina Didone, Cesano Maderno, Palazzo Arese Borromeo, Salone dei Fasti romani, particolare abbraccio fra Ascanio/Cupido e Didone.

 

È l’inganno voluto da Venere, che, attraverso il dolce abbraccio con Ascanio/Cupido, fa nascere nel cuore della regina la passione amorosa per Enea. Da qui la forma fluens della narrazione iconica si dirige verso l’alto, evocando il destino del vero Ascanio attraverso i due scalcianti puttini che, sospesi a mezz’aria, recano dei fiori, richiamando i versi virgiliani in cui Venere fa addormentare Ascanio tra i fiori profumati “nell’alto bosco d’Idalio”.

Ercole Procaccini il Giovane, Enea riceve da Mercurio l’ordine di abbandonare Cartagine e la regina Didone, Cesano Maderno, Palazzo Arese Borromeo, Salone dei Fasti romani, particolare tre personificazioni di Cupido.

 

Più in alto, sulla sinistra, compare nuovamente Cupido, che questa volta si mostra nelle sue tre personificazioni (Himeros, Anteros, Pothos), palesando “causa ed effetto” del suo agire ingannevole. Al paffutello corpo alato, munito d’arco e faretra a tracolla, si aggancia l’incarnazione del suo stesso abbraccio ingannatore, a causa del quale Didone si innamorerà di Enea come fosse stata colpita proprio dalla micidiale freccia di Cupido; a questo abbraccio si aggrappa la “conseguenza” di quell’inganno, il destino cieco, sotto forma di puttino bendato, che a testa in giù precipita verso l’altra scena raffigurata nel dipinto.

Ercole Procaccini il Giovane, Enea riceve da Mercurio l’ordine di abbandonare Cartagine e la regina Didone, Cesano Maderno, Palazzo Arese Borromeo, Salone dei Fasti romani, particolare Enea e Mercurio.

 

La fase ascendente rappresentata dal primo episodio trova così il suo apice nella triplice personificazione di Cupido per poi scendere in picchiata con Mercurio, che profeticamente indica a Enea il suo glorioso destino, costituendosi quale secondo episodio della narrazione iconica proposta dall’affresco. L’eroe virgiliano, posto su un piedistallo al di qua dell’arco che inquadra la rappresentazione narrativa, è colto quasi in estasi con la mano al petto, come una Vergine annunciata che risponde “Eccomi” all’Arcangelo (Lc, 1, 38). Il gesto deittico che il messaggero compie non ha solo la funzione di esprimere l’ordine che Giove impone a Enea, cioè di lasciare Cartagine e Didone, ma rappresenta anche l’invito a compiere il suo fato. Mercurio indica infatti in questo modo l’affresco collocato a sinistra in cui è raffigurata la scena di Romolo e Remo allattati dalla lupa, ossia la discendenza di Enea che porterà alla fondazione di Roma e poi dell’Impero.

Giovanni Stefano Doneda detto il Montalto, Allegoria della Chiesa Cattolica Romana, Cesano Maderno, Palazzo Arese Borromeo, Salone dei Fasti romani, parete sud.

 

Ecco come il didascalico titolo del dipinto, Enea riceve da Mercurio l’ordine di abbandonare Cartagine e la regina Didone, si anima e diviene film nella mente dello spettatore: l’inganno narrativo di Ascanio/Cupido, ingegnosamente evocato attraverso la “densità iconica” del triplice Cupido al culmine dalla composizione, carica di tensione l’improvvisa apparizione di Mercurio. Enea, protagonista della scena, riceve un ordine che viene recepito dall’osservatore come annuncio attraverso la “dissolvenza” morfologico-iconografica Enea/Maria.

Dissimulazione Annuncio/Annunciazione che troverà il suo compimento storico ed escatologico nell’affresco principale della parete sud del salone, l’Allegoria della Chiesa Cattolica Romana, attraverso il “montaggio mentale” che lo spettatore al centro del salone saprà realizzare andando con lo sguardo da un’immagine all’altra, sciogliendo e moltiplicando la complessità che ciascuna immagine ha in sé e che ognuna ha nei confronti delle altre e del loro insieme.

 

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References

  •  Benzo M., Il salone dei Fasti romani a palazzo Arese Borromeo di Cesano Maderno: una rilettura e alcuni approfondimenti, in “Arte lombarda”, 151, 2007, pp. 60-69.
  •  Rossi A., Intravedere cinematograficamente”. L’inganno in pittura, in “Fata Morgana. Quadrimestrale di cinema e visioni”, anno XV, n. 44 (Finzione), maggio-agosto 2021, pp. 41-59.
  •  Virgilio, Eineide, tr. it. di R. Calzecchi Onesti, Mondadori, Milano 1971.