Cosa sono ancora in grado di fare le immagini del cinema in un panorama mediatico che si è trasformato radicalmente? Dal 1895 ad oggi un viaggio nella storia del cinema, delle immagini e dei linguaggi.
Il 28 dicembre 1895 i fratelli Lumière organizzarono la prima proiezione cinematografica pubblica: questa data segna la nascita del cinema.
Così il Novecento, come suggerisce in un celebre testo il noto studioso di cinema e media Francesco Casetti, è stato indubbiamente il secolo del cinematografo[1]. Per la prima volta, l’arte è stata in grado di riprodurre immagini in movimento, ha reso possibile per gli spettatori accedere ad una differente esperienza del mondo.
Autori come Walter Benjamin e Sigfried Kracauer[2] hanno più volte sottolineato come il cinema abbia consentito un approfondimento degli spazi del mondo, così come della psiche individuale e dell’inconscio collettivo.
« è venuto il cinema e con la dinamite dei decimi di secondo ha fatto saltare questo mondo simile a un carcere, cosicché noi siamo ormai in grado di intraprendere tranquillamente avventurosi viaggi in mezzo alle sue sparse rovine. Mediante il primo piano si dilata lo spazio, mediante la ripresa al rallentatore si dilata il movimento»[3]– Walter Benjamin
Il cinema ha avuto il potere di far “esplodere” lo spazio della realtà, intensificando la nostra capacità percettiva, arrivando perfino a rappresentare, secondo Kracauer, “una redenzione della realtà fisica” «come scoperta delle meraviglie della vita quotidiana»[4], un'opportunità di rivelare le meraviglie nascoste della vita quotidiana. Queste riflessioni hanno messo in luce come il cinema non solo rappresentasse il mondo, ma permettesse anche di esaminare, con nuovi occhi, la realtà che ci circonda.
Inoltre, il cinema è stato anche un luogo di elaborazione dei cambiamenti sociali e politici del Novecento, dal cinema di propaganda al neorealismo, dal cinema d’autore europeo che ha messo in scena lo smarrimento dell’uomo contemporaneo a quello hollywoodiano che è un vero e proprio serbatoio di mitologia e di elaborazione dell’identità americana.
Nonostante la crescente concorrenza della televisione e, successivamente, delle piattaforme digitali, il cinema ha continuato a reinventarsi.
Le serie TV contemporanee, ad esempio, hanno acquisito una qualità narrativa e produttiva che le rende quasi paragonabili a opere cinematografiche. Attori e registi si sono adattati a questa nuova realtà, alternando progetti per il piccolo e grande schermo. Un esempio celebre è "Scene da un matrimonio" di Ingmar Bergman, che nel 1973 iniziava una riflessione profonda sul rapporto umano attraverso il linguaggio della televisione.
Tuttavia, oggi il panorama mediatico è diventato estremamente più complesso, con schermi di ogni dimensione e piattaforme che pervadono la vita di tutti i giorni.
Il nostro rapporto con le immagini è cambiato radicalmente: oggi ogni utente è un prosumer, ossia un consumatore passivo ma al contempo, un produttore attivo di contenuti.
Questo ha comportato una serie di conseguenze piuttosto importanti nel modo che abbiamo di avere a che fare con le immagini, dal civic journalism e dalle opportunità di poter utilizzare i nostri dispositivi portatili per produrre informazione alla quantità di video amatoriali che invadono la rete, spesso reinterpretando le stesse immagini del cinema che costituiscono un immenso archivio da cui trarre citazioni, spesso nelle forme creative dei meme o di altre modalità di risignificazione che addirittura invertono il senso originario di quelle immagini [5].
L'assalto delle immagini che troviamo sui social media, in forme più o meno elaborate, dalle semplici dirette ai reel, ha cambiato non solo il nostro modo di rapportarci con la rappresentazione della realtà, ma ha implicato anche un ripensamento del modo in cui facciamo esperienza della nostra soggettività.
Nostante la rapidità e la volatilità del flusso di immagini digitali, il cinema continua a rappresentare uno spazio di riflessione profonda. Autori come Martin Scorsese, Francis Ford Coppola, Ridley Scott e Christopher Nolan propongono ancora opere lunghe e complesse, in contrasto con la velocità dei social media e la breve durata dell'attenzione del pubblico. Questi registi dimostrano che, seppur il linguaggio delle immagini sia cambiato, il cinema mantiene un suo potenziale di esplorazione critica della realtà, offrendo uno spazio di riflessione e approfondimento che le altre forme mediatiche non possono facilmente replicare. Il cinema si è trasformato, è diventato digitale, si è espanso sulle piattaforme e ha occupato nuovi spazi di visione, cercando al contempo di intercettare altri sensi oltre alla vista (si pensi all’incredibile evoluzione tecnologica del sonoro o ai tentativi di fare del cinema un’esperienza immersiva e dinamica). Questo perché si sta sperimentando una convivenza che consente di poter dire che lo sguardo del cinema è ancora vivo e in movimento, anche se non è più l’unico luogo dove guardare per intercettare l’elaborazione della realtà da parte delle cosiddette masse
Dalla prima proiezione cinematografica ai moderni media, il racconto della società passa per le immagini, passa per i grandi pensatori e registi, per i giornalisti e per i creator.
Ma in un panorama mediatico sempre più complesso, è fondamentale sviluppare una solida capacità critica e preparazione teorica e pratica per comprendere e creare immagini.
Il Corso di Laurea Magistrale in Teoria e Storia delle Arti e delle Immagini dell'Università Vita-Salute San Raffaele offre agli studenti una preparazione approfondita nello studio dell’immagine per comunicare, capire e intervenire nel mondo contemporaneo.
Dal cinema, alle arti visive ai nuovi linguaggi mediatici, attraverso un percorso formativo interdisciplinare, gli studenti avranno l’opportunità di esplorare le dinamiche storiche, estetiche e filosofiche che influenzano la produzione e l’interpretazione delle immagini.
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References
[1] F. Casetti, L’occhio del Novecento. Cinema, esperienza, modernità, Giunti Editore, Firenze-Milano 2021.
[2] Si vedano, in particolare, W. Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Einaudi, Torino 2014 e S. Kracauer, Teoria del cinema. La redenzione della realtà fisica, Cue Press, Imola 2022.
[3 ]W. Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, cit., p. 30.
[4] S. Kracauer, Teoria del cinema, p. 40.
[5] Sul rapporto tra immagini del cinema e cultura visuale più in generale si vedano, tra gli altri, L. Malavasi (a cura di), Il cinema contemporaneo. Caratteristiche, identità culturale, esperienza, UTET, Torino 2024, e B. Grespi, L. Malavasi, Dalla parte delle immagini. Temi di cultura visuale, McGraw-Hill, New York 2022.