Avete mai notato che molti ricordi che associamo al periodo di Natale sono legati a un odore particolare? Spesso è il profumo dei biscotti di pan di zenzero, della cannella, e di tutte quelle erbe e spezie che usiamo durante le festività natalizie.
Quali curiosità e aneddoti si nascondono negli aromi dai toni speziati? Scopriamolo in questa profumata Curiosiscienza!
Con una premessa: odori, sapori e potenziali effetti fitoterapici delle spezie non sono causati da una singola molecola, bensì più frequentemente da un insieme di molecole. Per semplicità, in questa news faremo riferimento alle molecole principali, o storicamente isolate e associate alle varie spezie.
A Natale il suo profumo investe le nostre case grazie alle preparazioni gastronomiche e alle decorazioni: stiamo parlando dell’inconfondibile cannella. Questa spezia si ricava dalla corteccia essiccata del Cinnamomum, di cui esistono molte varietà, e possiamo ritrovarla in polvere oppure in cilindri (i cannelli).
È una delle spezie più antiche del mondo, citata addirittura nell’Antico Testamento (gli ebrei la bruciavano assieme ad altri aromi per la consacrazione del Tabernacolo) e utilizzata in Egitto per l’imbalsamazione delle mummie sin dal 3000 A.C. Diverse sono le ipotesi attorno all’origine del nome: secondo alcuni sarebbe un termine fenicio derivante dal greco kinnámōmon, che significa “legno dolce”; altri sostengono che deriverebbe dall’arabo kin, ovvero “pianta della Cina”, e anamon, “profumato”.
La molecola che maggiormente ricorda il sapore della cannella è la cinnamaldeide, isolata dall’olio essenziale di cannella nel 1834. I suoi usi in cucina sono innumerevoli: in Occidente abbiniamo questa spezia a preparazioni con frutta, cioccolato, biscotti, lievitati; in Oriente trova abbinamento anche con i salati (è una delle spezie che compongono il curry).
Gingerbread e biscotti! A forma di omino, casetta, albero, stella…nessun limite alla fantasia quando si tratta di speziare i nostri dolci con l’immancabile zenzero! Si tratta di una pianta erbacea delle Zingiberaceae che ha diversi usi in cucina (come sa bene chi ama i piatti orientali).
L’inconfondibile sapore pungente è dato dal gingerolo (dall’inglese ginger), un composto presente nello zenzero fresco. Il gingerolo ha una struttura simile alla capsaicina e alla piperina (le sostanze che danno al peperoncino e al pepe nero il loro rispettivo gusto piccante): una volta in bocca, si lega agli stessi recettori, facendoci percepire la sensazione di bruciore.
La cottura dello zenzero trasforma il gingerolo in zingerone, che è meno pungente e ha un aroma speziato tendente al dolce. Invece, quando lo zenzero viene essiccato, il gingerolo si trasforma in shogaolo, che è quasi tre volte più potente: questo spiega perché lo zenzero disidratato (come quello in cubetti o a fette che si può comprare al supermercato) sia più pungente dello zenzero fresco. Per lo stesso motivo, lo zenzero essiccato ha migliori proprietà benefiche, ad esempio antinfiammatorie e antiossidanti.
Dai biscotti ai budini, dai gelati alla crema pasticcera, passando per panettone e pandoro: è la dolcissima vaniglia. Questa spezia si ricava dai frutti di una varietà di orchidea (del genere Vanilla) originaria del Messico.
Se siete pratici in cucina forse avrete sentito parlare di vanillina: si tratta della molecola maggiormente responsabile dell’aroma di vaniglia, identificata per la prima volta nel 1858; oggi si trova in commercio in forma di comode bustine, per conferire ai nostri dolci quella dolcezza inconfondibile.
Ma non solo sapore: a conquistare l’Europa, a partire dalla Francia, è stato soprattutto il profumo della vaniglia. La molecola vanillina presenta infatti un’aldeide, un gruppo chimico molto comune nelle molecole volatili e odorose, che vengono percepite all’olfatto e associate a odori conosciuti.
Due parole: vin brulé! Non ci sarebbe l’aroma tipico di questo vino speziato se non fosse per l’aggiunta di cannella, noce moscata e chiodi di garofano (che vedremo tra poco). La noce moscata è ottenuta macinando il nocciolo del frutto della Myristica fragrans, dal cui nome deriva la miristicina, la principale molecola aromatica contenuta in questa spezia.
Curiosità: in Europa, la noce moscata veniva portata in un piccolo sacchetto legato intorno al collo come protezione contro la Peste Nera, probabilmente in virtù delle proprietà insetticide delle molecole di isoeugenolo in essa contenute. Altra curiosità, la miristicina ad alte concentrazioni possiede effetti allucinogeni! L’ingestione di una noce moscata intera provoca nausea, abbondante sudorazione, palpitazioni, pressione sanguigna aumentata, unitamente a varie giornate di allucinazioni.
Ma nessun timore, le quantità che si usano in cucina sono davvero minime: non ci saranno effetti collaterali se ci concediamo qualche dolcetto o sorseggiamo del vino speziato.
Chiodi di garofano e noce moscata sono prodotti da piante appartenenti a famiglie diverse e originari di gruppi di isole distanti centinaia di miglia di mare aperto: nonostante questo, il loro odore molto diverso è dovuto a molecole estremamente simili.
Il composto odoroso dell’olio di noce moscata è l’isoeugenolo (come abbiamo visto poco sopra); il principale componente dell’olio di garofano è invece l’eugenolo, una molecola molto potente che svolge la funzione di antiparassitario naturale. Sono ben documentate anche le azioni analgesiche e antidolorifiche dei chiodi di garofano masticati, specialmente per chi soffre di mal di denti.
Oltre al loro utilizzo in numerose preparazioni culinarie natalizie, sia dolci che salate, vengono usati come deodoranti per l’ambiente: i pomander, agrumi (di solito arance, ma anche mandarini e limoni) imbottiti esternamente da chiodi di garofano. Un consiglio: metteteli vicino a fonti di calore per intensificare la dispersione del loro fantastico aroma!
Questa spezia è forse quella dalla forma più “natalizia”: una stella – da cui il nome abbastanza intuitivo – a otto punte legnose, contenente preziosi semi oleosi marroni. La molecola associata all’aroma di anice stellato porta il curioso nome di acido shikimico, dal fiore dell’anice giapponese (shikimi) dal quale fu isolato nel 1885.
Come sapore ricorda quello della liquirizia ed è decisamente pungente; in cucina è protagonista di pietanze dolci o abbinamenti con le verdure. Prima di essere utilizzato è bene bollire i baccelli in acqua e successivamente macinarli fino ad ottenere una polvere aromatica. Fuori dalla cucina è usato spesso anche come elemento decorativo per centrotavola, ghirlande e alberi di Natale.
Per ultimo, un profumo non speziato, ma sempre molto invernale. Nelle nostre case, gli iconici alberi di Natale che vengono addobbati sono con ogni probabilità sintetici. Il tipico odore di pino che si può annusare nelle foreste viene invece dal pinene, un composto organico che si trova nella resina di varie conifere (prevalentemente Pinaceae).
Questa molecola, appartenente alla famiglia dei terpenoidi, esiste in due forme: α- e β-pinene, che troviamo negli aghi di pino e nel rosmarino, ma anche in altri vegetali come luppolo, aneto e prezzemolo. Il pinene possiede una vasta gamma di proprietà fitoterapiche, tra le quali effetti analgesici, antimicrobici e anticoagulanti, oltre che capacità antinfiammatorie e antossidanti.