I comportamenti messi in atto da chi soffre di Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione possono alterare le abitudini alimentari, con conseguenze molto dannose per la salute e per l’impatto sulla capacità dell’organismo di ricevere una nutrizione appropriata ed equilibrata. In occasione del mese dedicato a questi Disturbi, esploriamo in che modo è possibile proporre i cibi come alleati, non come nemici, ricordando che è fondamentale aiutare chi soffre a raggiungere un equilibrio su tutti i piani coinvolti: alimentare, fisiologico e psicologico.
Alcuni atteggiamenti comuni possono essere la riduzione importante dell’introito calorico attraverso l’eliminazione di intere categorie alimentari o di alcuni nutrienti essenziali (spesso i carboidrati o i grassi), la tendenza a saltare i pasti principali o avere una vera e propria ossessione e controllo per il cibo sano e nei confronti del proprio peso corporeo. In altri casi, invece, si consumano quantità eccessive di cibo che possono sfociare in meccanismi di abbuffate fino alla totale perdita di controllo e all’attivazione di un circolo vizioso di sensi di colpa, inadeguatezza e bassa autostima.
Il cibo non è soltanto il veicolo di quei nutrienti essenziali a garantirci la sopravvivenza. Esso ha anche un valore sociale, culturale ed emotivo. Quando si soffre di Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione, il cibo può generare paura, ansia, stress, senso di colpa, all’interno di un disagio psicologico più profondo.
Il carico emotivo che ne deriva può portare a prediligere una dieta sempre più selettiva, associando ad alcuni cibi delle sensazioni negative, basate su false credenze che non hanno evidenze scientifiche in campo nutrizionale: questi cibi vengono identificati come cibi fobici (fear foods). Ciò conduce alla progressiva esclusione dei fear foods dall’alimentazione quotidiana e alla conseguente difficoltà nella percezione sensoriale del cibo, in particolare del gusto associato e del gradimento.
Altri cibi sono invece associati a un effetto di conforto e consolatorio (comfort foods): gli alimenti con un impatto gustativo forte (per esempio quelli molto ricchi di zuccheri semplici, sale e grassi saturi) tendono apparentemente a gratificare e placare un senso di fame, ma innescano una vera e propria dipendenza, alterando anche in questo caso la sensazione di gusto di altri cibi e creando uno squilibrio alimentare.
Il primo passo per poter avere una corretta alimentazione è quello di prendere consapevolezza dei propri bisogni nutrizionali e seguire un percorso di educazione alimentare sotto la guida di un nutrizionista esperto in Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione.
La conoscenza degli alimenti, di come funzionano all’interno del nostro organismo e del loro impatto metabolico, fisico e mentale, è fondamentale per interrompere il ciclo dei pensieri ossessivi legati al cibo e alla cultura della dieta e vivere l’esperienza del pasto come un momento di piacere e di tranquillità.
Per chi sta vicino a chi soffre di un Disturbo della Nutrizione e dell’Alimentazione, il pasto può essere un momento molto faticoso da gestire. Rivolgersi a centri specializzati è importantissimo per la presa in carico con equipe multidisciplinare in grado di impostare il miglior programma terapeutico dal punto di vista medico, psicologico e nutrizionale.
Allo stesso tempo però è importante ricreare a tavola un clima disteso e tranquillo e il più possibile rassicurante. Se si ha già una presa in carico nutrizionale, è importante attenersi alle indicazioni proposte instaurando un rapporto di fiducia e trasparenza.
In generale, la composizione del piatto deve garantire la presenza di tutti i nutrienti essenziali (carboidrati, proteine, grassi e fibre) e si devono proporre gli alimenti tipici della dieta mediterranea: cereali integrali, proteine magre, una generosa porzione di verdura di stagione condita con un buon olio EVO e la frutta.
Ricordiamoci: la parola chiave nel percorso di riabilitazione nutrizionale per chi ha un Disturbo della Nutrizione e dell’Alimentazione è equilibrio, e questo deve riguardare tutti e tre i piani coinvolti: alimentare, fisiologico e psicologico.