L’unico modo informato per identificare nuovi antivirali passa attraverso la conoscenza della struttura tridimensionale, letteralmente la forma, delle proteine del virus che sono responsabili dell’infezione delle cellule e della replicazione del virus. Una volta nota la struttura delle proteine, è possibile per i chimici sintetizzare dei composti che ne bloccano la funzione, e di conseguenza il ciclo vitale del virus.
Ne parliamo in questo ciclo di 5 puntate con l’aiuto del Dott. Massimo Degano, Group leader dell’Unità di Biocristallografia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e docente presso il nostro Ateneo (insegna Chimica al Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi dentaria e all’International MD Program, Biochimica al Corso di Laurea in Medicina, e Biologia strutturale al Corso di Laurea in Ricerca Biotecnologica in Medicina).
Struttura della proteina Spike da SARS-CoV-2. Due catene sono rappresentate tramite la superficie molecolare che evidenzia la forma generale della molecola. La catena S1 è colorata in verde, con in rosso la porzione che serve ad interagire con il recettore ACE2 per infettare le cellule. La catena S2, che contiene la parte della molecola necessaria per l’ingresso del virus nella cellula, è colorata in giallo. Per gentile concessione del Dott. Degano.
Perché vedere la struttura di una proteina è essenziale per sviluppare nuovi farmaci? Immaginate di dover svitare un bullone e non avere le chiavi inglesi a disposizione: se vedete la forma del bullone e le sue dimensioni sarete in grado di forgiare (o di scegliere) la chiave delle dimensioni corrette per riuscire nel vostro scopo. Analogamente, quando è visibile la struttura di una proteina si può ingegnerizzare la molecola con le dimensioni e la forma che possa legarsi in modo ottimale ad essa e bloccarne la funzione.
Le tecniche che ci consentono di “mettere a fuoco” al meglio le strutture di proteine ed apprezzare con il maggior dettaglio come sono fatte sono essenzialmente due: la cristallografia a raggi X e la criomicroscopia elettronica.
Nel giro di due mesi dai primi casi di COVID-19, due gruppi di ricerca hanno determinato in modo indipendente la struttura della proteina Spike utilizzando la criomicroscopia elettronica [1],[2], facendo vedere che essa è costituita da tre catene uguali associate (si dice che è “trimerica”) e costituita da una regione che somiglia al gambo di un fiore con, al posto della corolla, la regione essenziale per il contatto con le cellule da infettare (chiamato RBD, dall’inglese receptor-binding domain, “dominio che lega il recettore”). Questa parte della molecola è flessibile come una banderuola al vento, ed è in grado di “cercare” nei dintorni il recettore ACE2 con cui interagire. In seguito, è stata visualizzata tramite cristallografia la struttura di ACE2 legata a Spike [3], mostrando con un dettaglio elevatissimo la modalità con cui il virus si attacca alla cellula da infettare.
La sfida ora è utilizzare questa conoscenza per trovare molecole in grado di legarsi a Spike, tenendo impegnata la parte che dovrebbe interagire con ACE2 e prevenendo quindi l’infezione.
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[1] D Wrapp et al. Cryo-EM structure of the 2019-nCoV spike in the prefusion conformation. Science 367, 1260-1263 (2020). DOI: https://doi.org/10.1126/science.abb2507
[2] AC Walls et al. Structure, function and antigenicity of the SARS-CoV-2- Spike glycoprotein. Cell 181, 281-292 (2020). DOI: https://doi.org/10.1016/j.cell.2020.02.058
[3] J Shang et al. Structural basis of receptor recognition by SARS-CoV-2. Nature 581, 221-224 (2020). DOI: https://doi.org/10.1038/s41586-020-2179-y