Secondo l’ultimo bollettino dell’Istituto Superiore Sanità, in Italia nel 2024 le infezioni causate dal virus HIV sono state 2.379, un numero stabile rispetto al 2023. La maggior parte delle infezioni si trasmette per contatti sessuali tra persone eterosessuali.
«Tuttavia, bisogna sottolineare che più della metà delle nuove diagnosi sono fatte ancora troppo tardi, quando le difese immunitarie dell’organismo sono compromesse o quando la persona manifesta sintomi e i segni di AIDS, la sindrome da immunodeficienza acquisita a cui può portare l’evoluzione clinica più severa dell’infezione.», spiega il Dottor Angelo Roberto Raccagni, Medico Infettivologo e Dottorando in Medicina Molecolare presso l’Università Vita-Salute San Raffaele.
«Pensiamo che l’infezione da HIV sia un problema che non ci riguardi, ma in realtà interessa tutti e tutte noi, e può essere affrontato consapevolmente grazie alla prevenzione e all’educazione all’affettività e alla sessualità soprattutto tra i e le più giovani», dice la Dottoressa Caterina Candela, Medico Infettivologo presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.
Sia il Dottor Raccagni che la Dottoressa Candela si sono formati in Medicina e Chirurgia presso la nostra Università, continuando poi il loro percorso in UniSR con la Scuola di Specializzazione in Malattie Infettive e Tropicali. Qui hanno mosso i primi passi nella ricerca sulle malattie infettive, dapprima studiando proprio le infezioni da HIV, e poi concentrandosi anche su altre infezioni sessualmente trasmissibili.
Il Dott. Raccagni la Dott.ssa Candela
«Scegliere la scuola di specializzazione in malattie infettive e tropicali per me è stato il naturale prosieguo del mio interesse per l’infettivologia, che avevo già maturato come studente di Medicina UniSR. Già durante la laurea, grazie anche a un periodo Erasmus trascorso a Francoforte, ho iniziato a interessarmi alle malattie infettive e al mio ritorno dalla Germania ho scelto di fare una tesi in quest’ambito. Ho capito che UniSR offriva non solo un’eccellente formazione clinica, ma anche la possibilità di partecipare a studi clinici, protocolli, lavori scientifici. La scuola di specializzazione ha confermato tutto: solida formazione clinica, partecipazione a progetti di ricerca, studi randomizzati, collaborazioni nazionali e internazionali. E questo, infine, mi ha facilitato anche l’accesso al dottorato, che ho appena iniziato», racconta il Dottor Raccagni.
«Durante la specializzazione, io e Angelo abbiamo condiviso esperienze e interessi di ricerca in un ambiente molto stimolante dal punto di vista umano e scientifico. Eravamo sotto la supervisione della Dottoressa Silvia Nozza e della Professoressa Antonella Castagna, grazie alle quali abbiamo anche pubblicato diversi lavori scientifici sulla trasmissione per via sessuale del virus mpox (anche noto col nome di vaiolo delle scimmie).», aggiunge la Dottoressa Candela.
Grazie ai lavori di ricerca condotti già durante la specializzazione, il Dottor Raccagni e la Dottoressa Candela hanno vinto ciascuno il premio intitolato alla memoria della Dott.ssa Myriam Maillard, che ogni anno è assegnato agli specializzandi UniSR in malattie infettive e tropicali che hanno firmato a primo nome una pubblicazione scientifica o un abstract accettato per la presentazione a un congresso internazionale.
In particolare, la Dottoressa Candela ha vinto il premio nel 2023 per aver presentato un abstract sulla clearance del virus mpox dal liquido seminale a un importante congresso internazionale sulle malattie infettive. Invece, il Dottor Raccagni ha vinto il Premio Maillard due volte: nel 2022 per un lavoro sul virus mpox e nel 2024 per uno studio clinico sulla profilassi antibiotica delle infezioni sessualmente trasmissibili.
Abbiamo incontrato la Dottoressa Candela e il Dottor Raccagni in occasione del 1° dicembre, Giornata Mondiale contro l’HIV, per fare il punto sulla vitale importanza della prevenzione e sulle sfide che la comunità scientifica sta affrontando per trovare una cura contro l’HIV.
Rispetto al passato, oggi l’infezione causata dall’HIV può essere tenuta sotto controllo, grazie ai progressi della ricerca che hanno portato allo sviluppo dei farmaci antiretrovirali, che agiscono riducendo la carica virale presente nell’organismo, fino a portare la concentrazione del virus a livelli non rilevabili. Purtroppo, questi farmaci non possono ancora eradicare definitivamente HIV dall’organismo, ma grazie ad essi oggi l’aspettativa di vita per una persona che vive con HIV è paragonabile a quella della popolazione generale.
«I farmaci antiretrovirali sono sicuri ed efficaci, abbattono la carica virale al punto da non essere più rilevabile e non trasmissibile, in inglese si dice U=U, cioè undetectable equals untransmittable. Questo significa che la concentrazione del virus nel sangue è ridotta al punto tale da rendere impossibile che il virus venga trasmesso per via sessuale.», spiega il Dottor Raccagni.
I farmaci antiretrovirali permettono non solo di gestire con successo le conseguenze dell’infezione cronica, ma contribuiscono a migliorare la salute psicologica e sessuale delle persone che vivono con HIV.
Negli ultimi anni, oltre ai farmaci classici, che devono essere assunti per via orale ogni giorno, la ricerca ha sviluppato le cosiddette terapie long-acting, di cui l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano è stato tra i pionieri in Italia.
«A differenza degli antiretrovirali classici, la terapia long-acting utilizza due farmaci intramuscolari a rilascio prolungato, somministrati ogni due mesi. Questo significa che la persona deve presentarsi in ospedale ogni due mesi per ricevere un’iniezione, invece di dover assumere una compressa ogni giorno», aggiunge la Dottoressa Candela. «La ricerca sta tuttora lavorando per allungare il tempo tra somministrazioni successive del farmaco e quindi migliorare ulteriormente la qualità della vita, ma l’obiettivo finale della comunità scientifica rimane trovare una cura definitiva per eradicare il virus. Purtroppo, HIV è un virus complesso, che per sua natura può nascondersi nel DNA dell’ospite e sfuggire al sistema immunitario dell’organismo stesso e ai trattamenti testati negli anni dalla ricerca».
La complessità del virus e dell’infezione da esso causata spiegano anche le difficoltà nello sviluppare sia un vaccino “classico”, che possa prevenire l’infezione, sia un vaccino cosiddetto terapeutico, che curi l’infezione.
Attualmente, ispirata dal successo dei vaccini anti-SARS-CoV-2, la ricerca si sta concentrando anche sull’utilizzo di tecnologie a mRNA per mettere a punto vaccini per l’HIV, ma siamo ancora alle fasi preliminari degli studi e non abbiamo risposte.
«L’obiettivo dell’ONU è arrivare a zero nuove infezioni da HIV entro il 2030: è un obiettivo ambizioso, ma possibile se portiamo avanti le attività di ricerca di nuove cure risolutive e se sensibilizziamo tutte le persone sul tema della prevenzione e della diagnosi precoce per poter accedere alle terapie disponibili e abbattere la trasmissione del virus all’origine», commenta il Dottor Raccagni.
«Come dicevo, la prevenzione passa prima di tutto dalla conoscenza e dall’educazione. È auspicabile che la formazione alla sessualità e all’affettività comincino presto, diciamo già alle scuole medie, quando i ragazzi e le ragazze iniziano una nuova fase della loro vita. È importante raccontare ai/alle giovani dell’infezione e dei metodi per prevenirla e trattarla, che comprendono l’uso del preservativo nei rapporti, ma anche la profilassi pre-esposizione (la cosiddetta PrEP), la quale impedisce l’acquisizione del virus dell’HIV qualora si venga ad esso esposti. A un livello ancora superiore, la prevenzione passa anche per una più ampia educazione all’affettività e al rispetto nelle relazioni interpersonali.», conclude la Dottoressa Candela.