Cosa succede quando un gruppo di studenti di Medicina decide di invitare una delle figure più influenti nella ricerca clinica a parlare nella propria università? In UniSR, il risultato è stato un incontro indimenticabile—un’esperienza che ha celebrato la forza della curiosità, del coraggio e della comunità.
Il Professor Eric Rubin, Direttore del New England Journal of Medicine, ha dichiarato:
“Non c’è niente di meglio che essere invitati dagli studenti. Sono curiosi, coinvolti, e usano il Journal come strumento per imparare. Ed è proprio questo che speriamo di ispirare.”
L’evento, che ha combinato una keynote, un panel e un dialogo con gli studenti, si è concentrato su come il NEJM seleziona, rivede e pubblica la ricerca che orienta la medicina moderna. Ma l’impatto della visita è andato ben oltre il processo editoriale. Per molti presenti in sala, il messaggio chiave è stato questo: non è necessario pubblicare sul NEJM per essere un grande medico.
“La cosa più bella nella medicina non è pubblicare—è fare la differenza,” ha detto Rubin agli studenti. “Se pubblichi, benissimo. Ma se riesci a cambiare la vita anche solo di un paziente, è altrettanto importante.”
Un messaggio riecheggiato anche da Rosario Losiggio, giovane laureato UniSR che ha pubblicato sul NEJM ed è stato invitato a intervenire nel panel:
“Essere sul palco con chi ha cambiato la pratica clinica è stato un onore. Ma ciò che conta di più per me è mostrare ad altri studenti che è possibile—anche alla loro età—far parte della ricerca internazionale. La cosa più importante ora è restare concentrati sull’apprendimento, essere curiosi. Il resto verrà da sé.”
L’iniziativa è stata promossa da MedTalks, un gruppo peer-to-peer fondato da studenti UniSR per esplorare la Ricerca in Medicina, che quest’anno ha deciso di focalizzarsi sugli articoli originali del NEJM in un contesto più informale e accessibile.
“Volevamo portare la ricerca rivoluzionaria dentro l’aula,” ha spiegato il team MedTalks. “Abbiamo iniziato con dei journal club, dove gli studenti dovevano studiare veri trial clinici e presentarli. Non era affatto semplice—ma poi ci siamo chiesti: perché non invitare direttamente il Direttore del NEJM?”
Con il supporto di docenti e personale amministrativo, ci sono riusciti. Per il Dott. Giacomo Monti, coordinatore delle attività di ricerca studentesca, l’evento dimostra che l’ambizione ripaga:
“Era una di quelle idee ‘folli’ che sembrano irrealizzabili… e invece è successo. Vedere gli studenti sognare in grande—e riuscirci—mostra che tipo di cultura accademica stiamo costruendo in UniSR.”
La visita di Rubin è diventata un momento formativo per molti giovani ricercatori.
“La sua umiltà è stata sorprendente,” ha detto uno dei partecipanti. “È una persona che può influenzare la medicina globale—eppure ci ha parlato con una semplicità disarmante.”
Il sostegno di UniSR a eventi guidati dagli studenti come questo fa parte di un impegno più ampio verso una ricerca scientifica aperta al mondo. Dai programmi strutturati che facilitano l’accesso a laboratori internazionali, al supporto amministrativo per pubblicare, presentare o organizzare eventi scientifici, l’università promuove non solo l’eccellenza accademica, ma anche la fiducia scientifica.
Come ha riflettuto il team MedTalks: “Abbiamo sentito che l’università credeva in noi. Hanno investito nella nostra creatività e ci hanno aiutato a portare Rubin qui—non solo per "fare scena", ma per creare un vero dialogo.”
E il risultato? Un’aula piena di futuri medici che, invece di sentirsi intimiditi dalle riviste ad alto impatto, sono usciti ispirati a perseguire una scienza rigorosa, onesta e significativa—qualunque sia il livello.
L’intervento di Rubin si è concluso tra applausi, ma soprattutto con un gruppo di studenti che lo circondava, desiderosi di parlare di percorsi di ricerca, scrittura scientifica e di come restare con i piedi per terra. Quella risposta ha dimostrato il vero successo dell’evento: non si trattava solo della strategia editoriale del NEJM, ma di umanizzare la ricerca, renderla accessibile e incoraggiare i giovani medici a credere che il loro lavoro conti—anche quando non fa notizia.
“Avete scelto Medicina per diventare medici,” ha ricordato Rubin.
“La cosa migliore che potete fare è diventare i migliori medici che potete essere.”
Un messaggio che, con ogni probabilità, porteranno con sé—non solo durante la formazione, ma per tutta la vita.