Dall’inizio della pandemia di SARS-CoV-2, la comunità scientifica internazionale si è attivata in tempi record per la predisposizione di uno o più vaccini sicuri ed efficaci per prevenire l’infezione e l’eventuale evoluzione clinica nelle forme più gravi della malattia respiratoria definita “COVID-19 (Coronavirus disease 2019)”.
Tra i primi vaccini approvati dall’OMS vi sono stati gli innovativi vaccini a RNA messaggero (mRNA), frutto di anni di studi e collaborazioni, intuizioni e contributi da parte di numerosi ricercatori in gruppi di ricerca di tutto il globo (come ampiamente raccontato in questo approfondimento su Nature).
Oltre ai due principali vaccini in uso in Italia e in altri paesi, discussi in seguito, un altro vaccino sperimentale basato su mRNA è stato elaborato dalla Tedesca CureVac. Tuttavia, l’azienda ne ha ritirato richiesta di approvazione inoltrata agli enti regolatori per puntare su un vaccino di seconda generazione, così come la multinazionale GSK.
Questi nuovi vaccini sono composti da una molecola di RNA messaggero (mRNA) sintetico del gene spike in cui una base azotata (uridina) è stata sostituita da una pseudouridina (ψ, una delle basi rare ritrovabile nella struttura secondaria di un altro tipo di RNA, l’RNA transfer, che agisce a valle dell’mRNA nella sintesi proteica), che differisce dalla uridina per un particolare legame chimico.
Questa modifica ha due conseguenze:
Schema illustrativo degli elementi essenziali che compongono i vaccini a mRNA. Un involucro lipidico racchiude una molecola di RNA messaggero che riporta la sequenza della proteina Spike del virus SARS-CoV-2. Nella molecola di mRNA, la base azotata uridina (U) è sostituita da una pseudouridina (ψ).
La molecola di mRNA è protetta da un involucro lipidico protegge l’mRNA e permette un migliore assorbimento del vaccino da parte delle cellule in cui è iniettato. L’involucro lipidico è anche responsabile dei sintomi che sono frequentemente associati all’inoculazione del vaccino (che prendono il nome di “reattogenicità”) per 1-2 giorni.
Questi sintomi riflettono l’induzione di una risposta infiammatoria locale che serve a potenziare la risposta immunitaria specifica, cioè la produzione di anticorpi anti-Spike. La manifestazione di sintomi più o meno fastidiosi è soggettiva, per cui chi non li manifesta è egualmente protetto dalla vaccinazione.
In questo momento, i due vaccini basati su mRNA approvati in Italia per prevenire la malattia COVID-19 sono prodotti dalla industria biotecnologica Moderna, USA, col sostegno pubblico del governo USA, e da quella Tedesca BioNTech in collaborazione con la multinazionale Pfizer.
Questi vaccini sono attualmente approvati per tutti i cittadini con più di 12 anni di età, anche se sono in corso studi per utilizzarli anche nei minori di 12 anni (Pfizer/BioNTech ha già fatto richiesta alla Food and Drug Administration, FDA, Americana di poterli somministrare nella fascia 5-11 anni).
Sono vaccini approvati per proteggere dalla morte e dalla malattia grave che richiede il ricovero in terapia intensiva, eventi verso i quali offrono una protezione superiore al 90%, anche quando causate da varianti virali emerse negli ultimi mesi. Sono anche molto efficaci nel proteggere dalla trasmissione del virus da individuo a individuo (ca. 75-80% nel caso della variante delta, la più contagiosa) e sono quindi uno strumento fondamentale per contenere la diffusione del virus nella società.
Schema illustrativo della vaccinazione con vaccini a RNA. L’RNA virale è incapsulato in minuscole particelle lipidiche (somiglianti alle membrane delle nostre cellule) al fine di proteggerlo dalla degradazione (motivo per cui il vaccino dev’essere conservato a bassissima temperatura, -70/-80 °C). Le nanoparticelle lipidiche contenenti il frammento di RNA che codifica per la proteina Spike di SARS-CoV-2 sono veicolate nelle cellule del soggetto ricevente, mediante iniezione nel muscolo deltoide. Nelle cellule dell’organismo, l’RNA del virus è tradotto nella proteina Spike. Questa viene riconosciuta dal sistema immunitario, generando una risposta protettiva. L’involucro lipidico e l’RNA virale verranno rapidamente degradati, senza causare effetti collaterali.
I vaccini basati su mRNA contro COVID-19 rappresentano un grande passo avanti anche per la messa a punto di altri contro infezioni per cui finora non si è riusciti a scoprirne, come l’infezione da HIV, causa dell’AIDS. Attualmente, studi di immunizzazione nei topi e in primati non umani hanno evidenziato una loro efficacia contro l’infezione da virus Zika che causa frequentemente microcefalia e altre malformazioni cerebrali durante la vita fetale nel caso in cui s’infetti una donna in stato di gravidanza, ma anche contro i virus influenzali. Nei casi menzionati, non è stato ancora possibile estendere gli studi all’uomo anche per l’ovvia priorità di controllare la pandemia da SARS-CoV-2.
Una caratteristica di questi vaccini è la loro estrema versatilità, perché sintetizzati in vitro. Infatti, furono inizialmente concepiti come terapie personalizzate contro il cancro. I fattori limitanti per la loro modifica e produzione sono sostanzialmente la disponibilità della sequenza del gene di cui si vuole sintetizzare l’RNA e, ovviamente, la disponibilità della “materia prima”, i nucleotidi necessari a sintetizzare le molecole di mRNA da incorporare nel vaccino (largamente prodotte in Cina ed altri paesi asiatici). Questa tecnologia sta rivoluzionando l’intera filiera di disegno e produzione di vaccini e, in prospettiva di pandemie future di virus, batteri, parassiti, la possibilità di utilizzare vaccini a mRNA rappresenta un enorme passo avanti.
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Un’altra importante evoluzione associata ai vaccini a mRNA è rappresentata dalla messa a punto di piattaforme efficaci e sicure per far produrre proteine terapeutiche alle nostre cellule.
Per esempio, gli scopritori della tecnologia basata su mRNA modificato (l’Ungherese Katalin Karikò e lo Statunitense Drew Weissman, recentemente insigniti del prestigioso Premio Lasker, spesso “anticamera” del Premio Nobel) hanno dimostrato che sia topi sia macachi inoculati con l’mRNA dell’eritropoietina producono elevati livelli dell’ormone dopo appena 6 ore dall’inoculazione.
Infine, un’applicazione importante rimane il motore originale della ricerca di questi nuovi vaccini, ovvero il disegno di vaccini personalizzati contro la neoplasia di una certa persona nell’ottica generale della cosiddetta “medicina di precisione”.