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SARS-CoV-2 e le sue varianti: un’overview

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SARS-CoV-2 e le sue varianti: un’overview

12 mar, 2021

I virus, in particolare quelli a RNA come i Coronavirus, evolvono costantemente attraverso mutazioni del loro genoma. In effetti, mutazioni del virus SARS-CoV-2 sono state osservate in tutto il mondo fin dall’inizio della pandemia, anche se la notizia delle varianti del virus ha trovato spazio sulle testate nazionali e internazionali solo di recente, con le denominazioni improprie di “variante inglese”, “variante sudafricana”, “variante brasiliana”.

SARS-CoV-2_varianti_overview_UniSR (2)Illustrazione di un virione (la singola particella infettiva virale) di SARS-CoV-2, completo e in sezione. Photo credit: https://www.scientificanimations.com/wiki-images/.

Che i virus evolvano nel tempo accumulando mutazioni è un fenomeno perfettamente prevedibile e l’emergenza di varianti di SARS-CoV-2 non deve quindi sorprendere. Per questo motivo, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e la sua rete internazionale di esperti monitorano attentamente la situazione, in modo da segnalare interventi tempestivi adeguati da attuare per fronteggiare la diffusione delle varianti.

Perché i virus mutano? Quali sono le varianti di SARS-CoV-2 attualmente più preoccupanti? Cosa fare per limitarne la diffusione? Lo analizziamo in questa overview.

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I virus mutano, ed è normale

Quando un virus infetta una cellula, il suo scopo è far sì che si producano nuove copie del virus stesso, in modo da avere una progenie in grado di perpetuare la specie: tutto ciò che era presente nel virus che ha infettato la cellula, incluso il suo materiale genetico (RNA, nel caso dei Coronavirus), deve essere “copiato” e assemblato per formare nuove particelle virali.

Il complesso di proteine essenziali per sintetizzare nuovo RNA si trova, in diverse forme, in tutti gli organismi e si chiama RNA polimerasi (cioè “enzima che forma lunghe catene di RNA”). Tuttavia, ogni volta che questo enzima fa una copia del materiale genetico originale commette degli errori, per cui la copia presenta alcune differenze rispetto all’originale.

Questi cambiamenti nella sequenza genica del virus sono definiti mutazioni; un virus con una o più mutazioni e in grado di propagarsi nella popolazione viene indicato come variante” del virus originale.

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L’enzima RNA polimerasi del virus sintetizza una copia del materiale genetico del virus, una molecola di RNA composta da quattro diverse basi azotate. L’enzima prende il filamento di RNA da copiare e appaia ad esso, una alla volta, le singole unità molecolari (i nucleotidi) ad esso complementari secondo l’appaiamento A:U e G:C (in figura, i rettangoli con colori diversi si appaiano giallo con blu e rosso con verde). A volte l’RNA polimerasi sbaglia appaiamento, e questo porta a una mutazione nella “progenie” virale. Se la mutazione è vantaggiosa per la propagazione del virus, essa verrà mantenuta. Per approfondire: RNA polimerasi, la “fotocopiatrice distratta” di SARS-CoV-2.

Queste mutazioni spontanee hanno conseguenze per il virus? Dipende. Mentre la maggior parte delle mutazioni non ha un impatto significativo, qualcuna può dare al virus alcune caratteristiche come ad esempio un vantaggio selettivo rispetto al virus originale, per esempio conferendo una maggiore trasmissibilità, o la possibilità di aggirare l’immunità precedentemente acquisita da un individuo o per infezione naturale o per vaccinazione. Ciò causa motivo di preoccupazione e le varianti virali devono essere monitorate con attenzione (si definiscono “variants of concern”, ovvero “varianti di interesse”, “di preoccupazione”).

 

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Maggiore è il numero di persone che vengono infettate, maggiore è la probabilità che il virus vada incontro a mutazioni che, se vantaggiose per la diffusione del virus, prendono il sopravvento e possono mettere a rischio l’efficacia dei vaccini attualmente in uso. Ecco perché è fondamentale osservare sempre le regole di contenimento del contagio, tra cui l’uso della mascherina, preferenzialmente della doppia mascherina.

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Le varianti di SARS-CoV-2

Finora sono state identificate in tutto il mondo centinaia di varianti di questo virus. Ad oggi, le varianti più preoccupanti (e perciò maggiormente oggetto di studio) sono tre:

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La maggior parte delle mutazioni identificate in queste varianti interessano la proteina Spike, cioè la “chiave” che il virus utilizza per infettare le cellule, sfruttando il legame con il recettore ACE2 presente sulla superficie cellulare.

Gli anticorpi prodotti dal nostro organismo, in seguito a infezione naturale o alla vaccinazione, si legano alla proteina Spike, prevenendo l’interazione col recettore e quindi l’infezione. Questa proteina virale rappresenta quindi il target della maggior parte dei vaccini attualmente approvati o in corso di sperimentazione. È importante quindi monitorare le mutazioni che si accumulano in Spike, perché potrebbero ripercuotersi sulla sua struttura e alterare l’efficacia dei vaccini. Sono infatti in corso diversi studi [1; 2] per confermare l’efficacia dei vaccini su queste tre principali varianti.

SARS-CoV-2_varianti_overview_UniSR (1)Riassunto delle principali varianti di SARS-CoV-2 oggi oggetto di studio. Modificata da: CDC - Centers for Disease Control and Prevention, SARS-CoV-2 Variants. Ultimo aggiornamento: 27 gennaio 2021.

 

Un aggiornamento costante sulle mutazioni e le varianti di SARS-CoV-2 è disponibile a questo link.

La sfida della nomenclatura

All’inizio di gennaio, l’OMS ha convocato un meeting dedicato all’emergenza delle varianti di SARS-CoV-2; tra i punti in discussione, anche la stesura di un sistema di denominazione coerente e universale.

Media ed esponenti politici hanno iniziato a riferirsi alle varianti in base ai Paesi in cui sono stati identificati i primi casi: “variante inglese”, “brasiliana”, “sudafricana”. Lo stesso era successo anche a inizio pandemia, parlando di “virus cinese”.

Tale attitudine è comprensibile, in un periodo in cui emergono continuamente nuovi dati da comunicare con rapidità. Tuttavia, associare virus a riferimenti geografici e culturali non solo è una pratica scientificamente inaccurata, ma comporta soprattutto il rischio di stigmatizzare i Paesi e le persone.

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In mancanza di linee guida condivise, i gruppi di ricerca di tutto il mondo stanno sviluppando ciascuno una propria nomenclatura. Ad esempio, il team di Tulio de Oliveira ha chiamato la variante da loro identificata 501Y.V2: significa che nel sito numero 501 della proteina Spike del virus, la variante presenta l’amminoacido tirosina (in biochimica indicata con la Y) anziché l’asparagina del virus originale. Tale nome ha aiutato a mettere d’accordo centinaia di ricercatori che studiano gli effetti della mutazione ma, ammette lo stesso de Oliveira, omette altri importanti cambiamenti nella variante.

 

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A inizio pandemia, la stessa sfida si era presentata per la malattia del nuovo Coronavirus: in quell’occasione, si scelse correttamente il nome SARS-CoV-2 per indicare il virus e Covid-19 per la malattia, evitando ogni associazione ad aree geografiche, animali, individui o gruppi di persone.

Accordarsi su una nomenclatura comune consentirà ai ricercatori di comunicare e comprendersi in maniera più efficace, e di prevenire ogni tipo di stigmatizzazione.

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Come comportarsi per limitare la diffusione di SARS-CoV-2 e sue varianti?

Per limitare la diffusione di nuove varianti, l’Italia ha disposto specifiche azioni di sanità pubblica, come illustrato dal Ministero della Salute:

  • rafforzare la sorveglianza di laboratorio (ovvero sequenziare i virus presenti nei tamponi naso-faringei diagnostici) nei confronti delle nuove varianti SARS-CoV-2

  • fornire indicazioni per implementare le attività di ricerca e gestione dei contatti dei casi Covid-19 sospetti/confermati per infezione da variante virale.

  • limitare gli ingressi in Italia dei viaggiatori provenienti dai paesi più colpiti dalle varianti virali.

  • realizzare indagini rapide di prevalenza per stimare correttamente la diffusione delle varianti virali nel nostro Paese

  • disporre misure di contenimento (aree rosse) nelle aree più colpite del Paese anche a livello comunale

Come visto in precedenza, alcune varianti virali possono trasmettersi con maggior facilità; ad oggi tuttavia, la malattia si presenta con stesse caratteristiche e sintomi per tutte le varianti del virus sebbene vi sia stato un incremento delle infezioni di persone giovani, con conseguenze cliniche ancora da valutare.

L’emergere di queste – ed eventuali future – varianti virali conferma e rafforza l’importanza di rispettare rigorosamente le misure sanitarie e socio-comportamentali che abbiamo acquisito nel corso della pandemia (uso delle mascherine, distanziamento fisico, igiene delle mani). Continuare ad osservare questi comportamenti responsabili è (e sarà) il modo migliore per proteggere noi e chi ci circonda.

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Articolo scritto in collaborazione con: Prof. Guido Poli e Dott.ssa Elisa Vicenzi, Gruppo di Patogenesi Virale e Biosicurezza dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, Prof. Carlo Signorelli, Direttore della Scuola di specializzazione in Igiene e medicina preventiva UniSR, Dott. Massimo Degano, Group leader Unità di Biocristallografia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele.

 

References

[1] Xie, X., Liu, Y., Liu, J. et al. Neutralization of SARS-CoV-2 spike 69/70 deletion, E484K and N501Y variants by BNT162b2 vaccine-elicited sera. Nat Med (2021). https://doi.org/10.1038/s41591-021-01270-4

[2] Dagan N. et al., BNT162b2 mRNA Covid-19 Vaccine in a Nationwide Mass Vaccination Setting. N Engl J Med (2021). Doi: 10.1056/NEJMoa2101765

  

Per approfondimenti:

Scritto da

Elisa Vicenzi e Guido Poli
Elisa Vicenzi e Guido Poli

Elisa Vicenzi e Guido Poli sono uniti nella vita e dalla passione per la ricerca scientifica iniziata, dopo le rispettive lauree in Farmacia (Vicenzi) e Medicina e Chirurgia (Poli) all’Università di Ferrara, prima all’Istituto per le ricerche farmacologiche “Mario Negri” di Milano fino al 1986, poi al NIAID, NIH di Bethesda fino al 1993 dove Vicenzi si specializza nello studio della virologia molecolare di HIV, l’agente causale dell’AIDS, mentre Poli si concentra sul ruolo delle citochine nella regolazione della latenza e replicazione del virus. Rientrati in Italia, nel 1994 fondano l’Unità d’Immunopatogenesi dell’AIDS presso il neonato DIBIT dell’IRCCS San Raffaele di Milano; a seguito dell’epidemia di SARS (2003) Vicenzi si specializza in ricerca su virus emergenti ed è promossa Capo dell’Unità di ricerca “Patogeni Virali e Biosicurezza”. Nel 2021 l’Unità di ricerca viene ridefinita “Patogenesi virale e Biosicurezza” (Vicenzi) mentre Poli viene nominato Capo dell’Unità “H.I.V. – Immunovirologia Umana”. Al loro attivo hanno centinaia di pubblicazioni e due libri come Editori dedicati alle metodologie di ricerca su HIV (“Human Retroviruses. Methods and Protocols”, del 2013 e “HIV Reservoirs. Methods and Protocols”, 2022).

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