“Voglio vivere così, col sole in fronte, e felice canto, beatamente”. È un verso di una famosa canzone italiana degli anni '40, che esalta la gioia e la spensieratezza cui siamo soliti associare le luminose giornate di sole. Che la luce influisca sull’umore non è una novità, ma che questa possa avere un impatto positivo determinante nel trattamento di pazienti con disturbi psichiatrici ha dello straordinario, considerate soprattutto le solidissime basi scientifiche su cui tale assunto si basa.
Di questo ci ha parlato la Prof.ssa Cristina Colombo, Ordinario di Psichiatria presso l’Università Vita-Salute San Raffaele e Primario del Centro “Disturbi dell’umore” San Raffaele Turro.
“Prima di affrontare il discorso sulla terapia dobbiamo fare una premessa sull’importanza del sonno, un meccanismo incredibilmente intelligente” riflette la Prof.ssa Colombo.
“Il sonno ‘mette in standby’ alcune funzioni del nostro organismo e ci permette di far risparmiare energia al nostro corpo. Il sonno fa inoltre da “donna delle pulizie” al cervello, come rivela uno degli ultimi studi in materia: durante il sonno profondo si attiva una proteina responsabile dell’apertura di alcuni canali nel cervello, che elimina sostanze dannose quali l’amiloide, causa della demenza di Alzheimer. Una buona qualità del sonno può quindi aiutare a prevenire anche le malattie da demenza”.
Continua la Prof.ssa: “I soggetti che soffrono di disturbi psichiatrici presentano solitamente in associazione con sintomi e segni alcune alterazioni tipiche di parametri biologi, tra i quali ritroviamo frequentemente alterazione dei ritmi del sonno.
In corso di un episodio depressivo tipicamente il soggetto si addormenta facilmente, poi segue un risveglio anticipato che si caratterizza da forte angoscia, che permane nelle prime ore del mattino.
I pazienti bipolari invece, che attraversano fasi euforiche e depressive, mettono in atto un circolo vizioso per cui meno dormono più si sentono in forma, fino al punto che non dormono affatto e sono molto attivi”.
Sulla base di queste osservazioni il sonno è stato considerato un momento centrale, e per questo molto studiato. “Oggi si sa che il sonno è regolato da una piccola area del cervello dove risiede l’orologio biologico, situato dentro il nucleo soprachiasmatico, un piccolissimo nucleo di cellule che regola i processi biologici coinvolti nei meccanismi del ritmo sonno/veglia”.
Il principale regolatore esterno dell’orologio biologico, che di fatto lo attiva, è la luce: quando questa arriva all’occhio, colpisce la retina, la quale invia dei segnali all’orologio biologico, svegliandolo. L’ormone responsabile di questo ritmo è la melatonina, la cui secrezione viene regolata proprio dalla luce.
“In un soggetto sano, a seguito di continue fasi di accensione e spegnimento della luce, si modifica il picco della melatonina: quando si accende la luce viene inibita la sua secrezione, mentre al contrario il buio ne stimola il rilascio.
Nonostante qualche fastidio, nel tempo il soggetto non affetto riesce comunque a mantenere un ritmo abbastanza regolare.
Attraverso uno studio scientifico condotto qualche tempo fa, invece, è stato dimostrato che i pazienti con depressione o disturbo bipolare sono molto in difficoltà nella regolazione di questo ritmo: una volta accesa la luce, i pazienti depressi non sono più in grado di adattarsi, mentre i pazienti bipolari non riescono più a riaddormentarsi.
Le alterazioni del sonno associato alla particolare sensibilità e influenza della luce ci hanno permesso di formulare l’ipotesi che la patologia dell’umore sia una patologia dei ritmi, e la luminosità potesse essere strettamente correlata alla risposta terapeutica”.
Un’osservazione empirica ha permesso di dimostrare gli inconfutabili benefici dell’esposizione alla luce: “Il nostro reparto è del tutto casualmente disposto in modo che ci siano delle stanze esposte ad est ed altre ad ovest.
Durante una mattina di maggio abbiamo misurato la differenza di lux [l’unità di misura per l’illuminamento, N.d.R.] tra le due aree: i pazienti che sono stati casualmente esposti alla luce hanno un’ospedalizzazione più rapida (ritornano a casa mediamente 2-3 giorni prima). Ripetendo la procedura anche in altre cliniche, ad esempio in alcuni centri a Berlino e in Svizzera con cui collaboriamo, si ottiene lo stesso risultato: l’esposizione delle stanze alla luce porta i pazienti a guarire in minor tempo, indipendentemente dalla terapia farmacologica cui sono sottoposti”.
Alla stessa conclusione, del resto, era già arrivata Florence Nightingale, la prima infermiera della storia, che esponeva al sole della Toscana i suoi pazienti con ferite chirurgiche, che così cicatrizzavano meglio e più in fretta. “Mentre all’epoca poteva non essere chiara la ragione biologica, oggi studi scientifici hanno dimostrato che la luce attiva gli enzimi responsabili della riparazione del danno tissutale, accelerando il processo di guarigione”.
Da qui è nata l’idea della terapia della luce. Per 30 minuti al giorno, al risveglio o ad un orario fisso stabilito dal medico sulla base di un test, i pazienti vengono esposti alla luce di una lampada particolare. La luce a cui i pazienti sono esposti assomiglia a quella di una giornata di sole, priva delle frequenze ultraviolette e infrarosse, e ha lo scopo di riassestare i ritmi biologici intaccati dalla depressione: si tratta quindi di una terapia antidepressiva a tutti gli effetti, che non presenta particolari controindicazioni.
La lampada nella "stanza della luce" a San Raffaele Turro, che simula la luce diurna.
Ci sono solo poche semplici regole che i pazienti, guidati dal personale dell’Ospedale, hanno raccolto in un cartellone colorato appeso all’interno della “stanza della luce”, un ambiente famigliare, tranquillo e confortevole dove avviene la terapia. Durante l’esposizione è importante tenere gli occhi aperti; è possibile leggere e sfogliare una rivista (non è necessario guardare direttamente la luce); dopo la terapia si raccomanda inoltre di rimanere attivi nel corso della giornata. Le indicazioni importanti sono di non tenere gli occhi chiusi (per poter ottenere un effetto, la luce deve poter raggiungere la retina e quindi l’orologio biologico), non tornare a letto dopo la terapia e soprattutto non dormire (attività che ne cancellerebbero l’effetto terapeutico).
Le istruzioni nella "stanza della luce" a San Raffaele Turro
“Ad oggi utilizziamo la terapia della luce come potenziamento delle terapie farmacologiche. Nei pazienti depressi il rischio suicidario è altissimo durante le prime settimane durante le terapie ; la terapia della luce accelera enormemente l’effetto del farmaco, determinando un miglioramento dell’umore e abbassando il rischio suicidario fin da subito. Spesso, i pazienti rispondono talmente bene alla terapia della luce che possiamo ridurre le dosi farmacologiche date al paziente”.
Associata alla terapia della luce, in alternativa o in aggiunta ai farmaci, il reparto di Psichiatria ha messo a punto la deprivazione di sonno, una terapia non farmacologica pensata per i pazienti depressi affetti da disturbo bipolare.
“Sottoponiamo i pazienti a tre fasi di veglia forzata, ciascuna di 36 ore, intervallate da tre periodi di sonno notturno durante i quali il soggetto può dormire fino a un risveglio spontaneo. Questa manipolazione del sonno fa innalzare il livello di serotonina riportando l’umore a una condizione prossima alla normalità”.
Gli infermieri, appositamente formati per questa terapia, mantengono svegli i pazienti con attività ludiche di scarso impegno, guardando un film, facendo loro rinfrescare il viso ogni tanto, accompagnandoli a fare brevi passeggiate all’aria aperta. “I sintomi depressivi precipitano nel momento in cui depriviamo di sonno, e risultati incredibili si ottengono già dalla prima ‘seduta’”.
Quella che inizialmente potrebbe sembrare un’osservazione banale quale “la luce per migliorare l’umore” è diventata invece una terapia che ha attratto sia l’attenzione delle principali riviste scientifiche internazionali sia l’attenzione di molti centri universitari stranieri.
Conclude la Prof.ssa Colombo: “Ciò che noi facciamo nel nostro reparto ha delle basi scientifiche davvero solide, tanto le linee guida americane suggeriscono di usare le tecniche cronobiologiche come prima scelta per il trattamento dei pazienti psichiatrici.
I vantaggi del ricovero presso la nostra struttura è che cerchiamo di limitare il più possibile l’assunzione di farmaci, e svolgiamo inoltre attività di educazione: ad esempio insegniamo al paziente che dormire bene è importante, perché consente di prevenire alcune manifestazioni quali gli episodi maniacali.
Questo gli consente indubbiamente di condurre una vita migliore: è ricoverato di meno, assume meno farmaci, non perde il lavoro, ha un migliore rapporto con i suoi famigliari…sono terapie che davvero possono impattare in maniera decisiva sulla vita delle persone”.