Quando si parla di scienza, il linguaggio del "successo" tende a dominare: pubblicazioni ad alto impatto, scoperte rivoluzionarie, prestigiosi finanziamenti. Ma il Prof. Berent Prakken – professore di immunologia pediatrica, Vice Preside dell’UMC Utrecht, e uno dei fondatori dello Eureka Institute for Translational Medicine – offre una prospettiva sorprendentemente diversa. UniSR è orgogliosa partner di Eureka, impegnata nella formazione e nel rafforzamento della comunità globale di professionisti che operano nella medicina traslazionale.
In una conversazione seguita alla sua toccante presentazione durante un recente evento tenutosi in UniSR, Prakken ha parlato apertamente dell'importanza del fallimento, della necessità di una collaborazione autentica e della trasformazione silenziosa che avviene quando agli scienziati e alle scienziate è concesso di ritornare al cuore del proprio lavoro.
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Prof. Prakken, perché il fallimento è importante nella scienza – e perché ne abbiamo così paura?
Se non ci fosse fallimento nella Scienza, non sarebbe Scienza. Le risposte sarebbero già ovvie. La domanda, in realtà, è più importante della risposta. Il fallimento insegna. Se si ha paura di sbagliare, non si impara.
Ho recentemente scritto un articolo per il Journal of Trial and Error, ed è stato liberatorio – scrivere apertamente di tutto ciò che è andato storto. Troppo spesso, soprattutto nei congressi accademici, si vedono solo figure senior che parlano di quanto siano brillanti, di quanto tutto fosse ben progettato. Ma non è così che va davvero. All’Eureka, la nostra primissima idea è stata questa: condividere i fallimenti. È ancora oggi una delle cose più liberatorie che facciamo.
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Cosa cambierebbe se accogliessimo più apertamente il fallimento nella cultura scientifica?
Cambierebbe tutto. Perché il fallimento non è un fallimento – ciò che è dannoso è fare cattiva scienza o nascondere i risultati solo per essere pubblicati. Ma fallire in un tentativo onesto? È così che si impara.
La scienza dovrebbe essere un processo di domande, di test di ipotesi, di apprendimento da ciò che non funziona. Se potessimo riconoscerlo pubblicamente – nelle riviste, nell’insegnamento, nei congressi – creeremmo una cultura in cui le persone si sentono abbastanza sicure da crescere davvero. Gli studenti sentono una pressione enorme per avere successo. Ma quando capiscono che anche gli scienziati più rispettati falliscono continuamente, si sentono di nuovo liberi.
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In un sistema dominato dal “publish or perish”, la competizione spesso oscura la cooperazione. Come possiamo passare dalla competizione al vero lavoro di squadra nella scienza?
Per prima cosa, dobbiamo liberarci dell’ossessione per il primo e l’ultimo autore. In ogni grande studio ci sono solo due posizioni di prestigio, e tutti gli altri vengono ignorati. Ma la scienza vera non funziona così. Dobbiamo riconoscere il valore della scienza di squadra.
Dovremmo premiare la collaborazione. Una volta ho visto uno studente esitare a contattare una persona che aveva esattamente la tecnologia di cui aveva bisogno. Sapevo che entrambi avevano frequentato il corso Eureka, così l’ho chiamato io personalmente. Ha cambiato il volo, è venuto a Utrecht, e hanno lavorato insieme in laboratorio quel giorno stesso. Questo è il potere di uno scopo condiviso – e della reciproca fiducia.
Ricercatori, medici e professionisti della salute di tutto il mondo descrivono il programma internazionale di certificazione Eureka in Medicina Traslazionale come “trasformativo”. Di che tipo di trasformazione si tratta?
Non è una trasformazione in qualcosa di nuovo. È un ritorno a qualcosa di autentico. Si vedono persone arrivare con questa corazza, formata da anni di pressioni. E poi, qualcosa cambia. Dopo una settimana, iniziano a pensare in modo diverso – non perché li abbiamo trasformati in qualcos’altro, ma perché si sono riconnessi con il motivo per cui sono diventati scienziati.
Dico sempre: nella vita si decide con il cuore, poi con le mani, e poi con la testa. Ma l’accademia ti insegna a partire solo dalla testa. In Eureka, invitiamo le persone a tornare al proprio cuore. E quando lo fanno, tutto cambia – dal modo in cui collaborano, a come pianificano la propria carriera, a come si prendono cura di sé e degli altri.
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Il messaggio del Prof. Prakken è una sfida quanto mai attuale per la comunità scientifica: creare spazi in cui il fallimento sia condiviso, la collaborazione celebrata, e gli studenti e le studentesse considerati non come concorrenti, ma come esploratori. Se vogliamo una scienza che serva davvero l’umanità, potremmo dover cominciare col riconnetterci alla nostra umanità.
UniSR è orgogliosa partner dell'Eureka Institute for Translational Medicine, impegnata nella formazione e nel rafforzamento della comunità globale di professionisti che operano nella medicina traslazionale. Fondato nel 2008, l’Eureka Institute mira a costruire un ecosistema internazionale e multidisciplinare capace di tradurre la ricerca scientifica in benefici concreti per i pazienti. In linea con questa missione, l’Istituto promuove numerose iniziative educative, tra cui l’International Certificate Course in Translational Medicine (ICC_TM) – un programma intensivo che si tiene ogni anno a Siracusa e che riunisce ricercatori, medici e operatori sanitari da tutto il mondo.