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Un “pentimento” del periodo napoleonico: M. de Norvins di Ingres

Curiosiscienza

Un “pentimento” del periodo napoleonico: M. de Norvins di Ingres

4 mar, 2022

La densità e rapidità di accadimenti e rivolgimenti politici che caratterizzano l’Europa del periodo napoleonico, tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, ne fanno uno scenario particolarmente interessante per le indagini iconografiche che si occupano di “pentimenti” storicamente determinati, ovvero di quei mutamenti di soggetto e composizione che gli artisti decidono di operare sulle proprie opere (in corso d’opera oppure realizzandone più versioni successive, tra loro stratificate una sull’altra), che sono motivati non tanto né principalmente da ragioni stilistiche, quanto dalle mutate condizioni del contesto sociale, politico e culturale della loro destinazione.

Con questo articolo arriviamo alla quarta e ultima puntata del ciclo “immagini svelate”: scopri le altre qui.

 

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Ne è un esempio l’opera Monsieur de Norvins del pittore francesce Jean-Auguste-Dominique Ingres, oggi conservata alla National Gallery di Londra (dopo essere appartenuta anche al pittore Edgard Degas), dipinta originariamente nel 1811, durante il soggiorno romano dell’autore (1806-20).

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Jean-Auguste-Dominique Ingres, Monsieur de Norvins, 1811-12, olio su tela, 97.2 x 78.7 cm. Londra, National Gallery

 

Uno dei più grandi ritrattisti di sempre

Ingres è da annoverare tra i più grandi ritrattisti di tutti i tempi: essere effigiati da lui ha costituito un passaggio di riferimento e legittimazione significativo per numerosi protagonisti della classe politica francese di questo periodo, tra cui lo stesso Napoleone Bonaparte (più volte da lui ritratto, come Primo Console e poi Imperatore).

È questo il caso anche del barone Jacques Marquet de Montbreton de Norvins (1769-1854): politico e scrittore, durante la rivoluzione francese allontanato dalla sua carriera in ascesa e costretto all’esilio, poi convinto bonapartista, luogotenente dell’esercito ed esponente di spicco della classe dirigente napoleonica, che pubblicherà in seguito anche la prima biografia di Napoleone (tra i suoi ruoli più importanti, quello di segretario generale al consiglio di stato e di ciambellano reale).

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Uno dei dipinti più famosi di Jean-Auguste-Dominique Ingres, Napoleone I sul trono imperiale, 1806, olio su tela, 260 ×163 cm. Parigi, Musée de l'Armée

Nel gennaio del 1811, è nominato capo della polizia degli Stati Romani, dopo che nel 1808 Roma era stata proclamata seconda capitale dell’impero napoleonico: sceglie così di farsi ritrarre nella sua nuova carica ufficiale, che rivestirà per i tre anni successivi. L’espressione è austera e rigorosa, l’unica nota di colore del suo abito è data dal nastro di cavaliere della Legione d’onore; la sua fedeltà e ammirazione per Napoleone Imperatore viene esplicitata dal gesto di infilare la mano sinistra sotto la giacca, atteggiandosi secondo la sua stessa celebre posa.

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Un confronto tra la posa di Monsieur de Norvins e Napoleone: entrambi infilano la mano sotto la giacca. A sinistra, Jean-Auguste-Dominique Ingres, Monsieur de Norvins, 1811-12, olio su tela, 97.2 x 78.7 cm. Londra, National Gallery; a destra, Jacques-Louis David, L'Imperatore Napoleone nel suo studio alle Tuileries, 1812, olio su tela, 203.9 x 125.1 cm. Washington, DC, National Gallery of Art.

 

Il mistero dei busti scolpiti

Osservando attentamente il dipinto, emerge con insolita evidenza sulla sinistra un macroscopico pentimento, solo in parte mascherato dalle pieghe ostentate del grande drappeggio rosso: si intravvede infatti l’immagine di un busto scolpito, ancora percepibile a occhio nudo, come in trasparenza.

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Jean-Auguste-Dominique Ingres, Monsieur de Norvins, 1811-12, olio su tela, 97.2 x 78.7 cm. Londra, National Gallery. A sinistra, il dettaglio sul drappeggio rosso; a destra, una foto a infrarossi del busto cancellato.

 

Dedicatario di questa scultura era il figlio dell’Imperatore, Napoleone Francesco, designato Re di Roma dopo la sua nascita nel marzo 1810, ma in seguito alla caduta e abdicazione di Napoleone nel 1814, e alla restaurazione della monarchia, la presenza di questa figura era evidentemente diventata un dettaglio iconografico piuttosto scomodo, e si decise di eliminarla.

Sulla destra, quasi a distrarre l’attenzione da questo dettaglio disturbante, avvertito come un fantasma che affiorava dal passato politico recente, è stata aggiunta l’immagine di un altro busto, questa volta raffigurante la dea romana Minerva, certamente più rassicurante nella sua dimensione classicheggiante, che riporta la simbologia dell’opera a una dimensione politicamente più neutrale, ma il cui inserimento tardivo è testimoniato dalla collocazione compressa nello stretto spazio residuale sulla destra.

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Jean-Auguste-Dominique Ingres, Monsieur de Norvins, 1811-12, olio su tela, 97.2 x 78.7 cm. Londra, National Gallery. Sulla destra, il busto di Minerva.

 

 

References

  • Ann Dumas, Colta Yves, Susan Alyson Stein, Gary Tinterow (a cura di), The Private Collection of Edgard Degas, New York, catalogo della mostra, New York, The Metropolitan Museum of Art, 1997 (volume I).
  • Gary Tinterow e Philip Conisbee (a cura di), Portraits by Ingres. Images of an Epoch, catalogo della mostra, New York, The Metropolitan Museum of Art – Londra, National Gallery, Harry N. Abrams, New York 1999 (schede dei disegni di Hans Naef; con contributi di Philip Conisbee, Rebecca A. Rabinow, Christopher Riopelle, Robert Rosenblum, Andrew Carrington Shelton, Gary Tinterow, Georges Vigne).

Scritto da

Francesca Pola
Francesca Pola

Storica dell’arte e curatrice, è professoressa associata di storia dell’arte contemporanea UniSR, dove collabora a ICONE, Centro Europeo di Ricerca di Storia e Teoria dell’Immagine. È stata Fulbright Distinguished Lecturer Chair in Italian Studies alla Northwestern University di Evanston (Chicago) e ha curato centinaia di mostre e pubblicazioni dedicate alle diverse forme di espressione artistica nella contemporaneità: dal disegno alla pittura, dalla scultura all’installazione, dalla fotografia ai nuovi media. Ritiene che tutta l’arte sia (stata) contemporanea e considera la creatività artistica uno degli spazi privilegiati in cui costruire dialoghi tra individualità, discipline, epoche, culture.

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