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Alzheimer e ricordi: il prezioso ruolo della musica

Cultura e società, Curiosiscienza

12 nov, 2020

È virale in questi giorni un video commovente: un’anziana signora affetta da Alzheimer che indossa un paio di cuffie. Sta ascoltando la musica de Il lago dei cigni di Čajkovskij, e dopo poche battute sembra compiersi un incantesimo: pur dalla sua sedia a rotelle, d’improvviso riproduce, con decisione e sentimento, i movimenti del balletto con cui lei stessa aveva emozionato il pubblico molti anni prima.

 

La donna è Marta C. González, già prima ballerina del New York City Ballet, venuta a mancare nel 2019. Il video è stato montato con le scene tratte da una coreografia simile di Yuliana Lopatkina che danza La morte del cigno, e diffuso in sua memoria dall’associazione no profit Música Para Despertar, che utilizza la musica per aiutare i malati di Alzheimer a far riaffiorare i ricordi.

Ma come è possibile rievocare dei passi di danza imparati decenni prima se si è affetti da una patologia nota per compromettere le capacità di ricordare? Ci rispondono il Prof. Massimo Filippi, Ordinario di Neurologia UniSR e Direttore del Dipartimento di Neurologia dell'IRCCS Ospedale San Raffaele, e la Prof.ssa Federica Agosta, Associato di Neurologia UniSR e Ricercatrice presso lo stesso Dipartimento.

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Qual è il rapporto tra pazienti con malattia di Alzheimer e i ricordi?

La letteratura scientifica ci suggerisce che la memoria non è da considerarsi come un sistema unitario, ma come composta da diversi “magazzini”, ognuno dei quali con diverse funzioni.

Nel caso dei pazienti affetti da malattia di Alzheimer è la memoria episodica a essere colpita inizialmente, ossia quella che ci fa ricordare i dettagli di un evento: quando e dove è successo e, eventualmente, con chi l’abbiamo vissuto. Tutte informazioni che vengono apprese e consolidate da una piccola ma importante struttura cerebrale, l’ippocampo, che è la prima a subire la progressiva perdita di cellule cerebrali in questa malattia.

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La memoria procedurale, invece, è la capacità di recuperare in modo automatico quanto precedentemente appreso, per esempio, ci permette di ricordare come andare in bicicletta o come sciare, ed è mantenuta intatta per lunga parte della malattia.

È per questo motivo che un paziente con malattia di Alzheimer potrebbe non ricordare cosa ha mangiato a pranzo, ma potrebbe essere in grado di ballare, esattamente come Marta González.

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Suoni e parole possono aiutare il ricordo? 

Tra le aree cerebrali deputate alla “memoria musicale, il cingolo anteriore e l’area supplementare motoria, localizzate nel lobo frontale, sono tra le più importanti e sono relativamente preservate in questi pazienti. Nello specifico, queste aree sono coinvolte nel riconoscimento di suoni, parole, stimoli uditivi familiari, appresi in passato.

Così, questi suoni, diventano una chiave alternativa di accesso a ricordi autobiografici ed esperienze passate altrimenti perduti. Le memorie musicali sono dei veri e propri alleati per questi pazienti e, amplificate da sensazioni positive, generano una piacevole “risonanza emotiva”.

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In che modo può agire un familiare di persona con malattia di Alzheimer per aiutare a far emergere qualche ricordo?

In campo riabilitativo, l’impiego della musicoterapia, della danza e dell’arteterapia [1,2] è utile per il mantenimento delle capacità mnesiche: bastano una foto, una canzone o una poesia per stimolare il paziente a ricordare vissuti personali ed emotivi. E con queste chiavi di accesso alternative, il paziente può ritrovare la sua identità ed il caregiver può ‘magicamente’ incontrare di nuovo la persona a cui è affezionato.

 

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[1] Zeisel J. (2011) Sono ancora qui. Come la musica, il cinema, la danza e la pittura ci aiutano a capire e comunicare con chi vive con l'Alzheimer. Orme Edizioni

[2] Sacks O. (2010) Musicofilia. Adelphi

Scritto da

Eufemia Serena Putortì
Eufemia Serena Putortì

Laureata in Biotecnologie Mediche, Molecolari e Cellulari presso UniSR, dal 2017 è referente della Comunicazione della Scienza nello stesso Ateneo. Da sempre entusiasta e curiosa di scienza, ha presto capito che la sua più grande passione è comunicarla con un linguaggio accessibile, seppure scientificamente rigoroso. È ideatrice e curatrice del blog scientifico divulgativo “UniScienza&Ricerca” e di numerose attività di Public Engagement di Ateneo, che creano opportunità di incontro e apprendimento reciproco tra i ricercatori e la società. Il suo pubblico preferito: i bambini, instancabili esploratori del mondo e veri esperti dei "perché".

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