Che ruolo hanno le immagini per la conservazione e la diffusione della cultura?
Per testimoniare la loro crucialità, il 27 Ottobre si celebra la Giornata Mondiale del Patrimonio Audiovisivo, considerato ormai un deposito imprescindibile per ricordare e mantenere vive la nostra storia, le nostre tradizioni e il nostro pensiero.
La società delle immagini
Che le immagini siano uno strumento per trasmettere nozioni ed emozioni è cosa ben nota da secoli in tutte le arti. Tuttavia, la possibilità di creare e riprodurre immagini in movimento è una conquista abbastanza recente, legata alla nascita del cinema.
Una rivoluzione epocale, destinata ad avere conseguenze non solo sull’evoluzione dei mezzi di comunicazione di massa, ma anche della stessa società, sempre più legata all’immagine e alle sue possibilità di creazione e manipolazione.
Si pensi allo stupore dei primi spettatori di fronte al cosiddetto grande schermo; non a caso, André Bazin, noto critico cinematografico francese, nel suo saggio del 1945 intitolato Ontologia dell’immagine fotografica [1], si riferisce a un “complesso della mummia” per spiegare il bisogno degli esseri umani di salvare le immagini dal tempo, proprio come gli antichi egizi provavano a fare con i corpi dei loro defunti tramite le tecniche di mummificazione e di imbalsamazione.
Le immagini possono salvare una certa realtà dalla morte, nel senso che possono lasciare traccia di qualcosa o di qualcuno, e le immagini in movimento possono farlo con una vividezza e un realismo finora inedito nella storia dell’umanità.
Le immagini in movimento e la loro riproducibilità
Le immagini in movimento, inoltre, possono essere riprodotte su molti supporti, in molti luoghi, contemporaneamente a pubblici diversi.
Walter Benjamin, il celebre autore del saggio del 1935 L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica [2], focalizza la sua analisi filosofica proprio sul mutamento delle modalità di fruizione dell’arte nel tempo della fotografia e del cinema, che segnano una crisi profonda dell’arte tradizionale, ma anche una serie di aperture verso un futuro dove le immagini potranno essere ovunque e in qualsiasi momento (ne abbiamo parlato sul blog in questa news).
Ritorno alla narrazione orale
Poco meno di un secolo dopo, ci troviamo in uno scenario dove le immagini sono più invasive delle parole, in una sorta di ritorno all’oralità come previsto dal sociologo e filosofo Marshall McLuhan [3]. Immagini cinematografiche, televisive, pubblicitarie, foto di Instagram e archivi audiovisivi irrompono continuamente nel nostro vissuto quotidiano, suggerendoci modelli, esempi, suggestioni e desideri.
Sono immagini artificiali che possono trasportarci in mondi che non esistono ma che possono farci riflettere sul nostro, attraverso la lente della fantasia e delle varie declinazioni utopiche e distopiche, o sono immagini reali, di testimonianza di fatti storici veramente accaduti, che documentano e ricordano qualcosa che non si deve dimenticare.
Il racconto per immagini può restituire la verità di un momento storico rivolgendosi non solo alla nostra parte razionale, ma anche a quella emotiva, consentendo ancora di più la possibilità di immedesimarsi in altre persone che hanno vissuto momenti drammatici e decisivi nella nostra storia. Per raccogliere la loro eredità, andando oltre, ma con la consapevolezza di cosa non si deve ripetere e di cosa si può contribuire a evolvere.
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References
[1] A. Bazin, Ontologia dell’immagine cinematografica in id. Che cos’è il cinema?, Garzanti, Milano 1999
[2] W. Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Einaudi, Torino 2014
[3] M. McLuhan, Gli strumenti del comunicare, Il Saggiatore, Milano 2015