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Rallentare i ritmi: i vantaggi dell’apprendimento “lento”

Vita da studente

Rallentare i ritmi: i vantaggi dell’apprendimento “lento”

10 mag, 2021

Spesso gli studenti si sentono “sopraffatti” dal quantitativo di materiale da studiare: a quel punto, essere rapidi nel leggere e memorizzare tutto viene percepita come una priorità. Chi invece ha bisogno di più tempo per rielaborare i concetti rischia dunque di sentirsi inadeguato e incapace di rispettare i tempi veloci che la società odierna impone.

Ogni primo lunedì del mese di maggio si celebra la Giornata mondiale della lentezza, che ci porta a riflettere sul ruolo che la lentezza può avere per i nostri studenti, nelle loro attività di studio e nell’organizzazione ottimale delle loro giornate per raggiungere gli obiettivi che si sono dati.

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La lentezza fa parte di noi

Prima di tutto, sappiamo che la lentezza è “fisiologica”, una caratteristica che fa parte di noi come esseri umani. Sembra infatti che il nostro cervello sia dotato di due sistemi, uno rapido e istintivo, e uno lento, più controllato e di supporto a ragionamenti logici [1].

Pare che la combinazione del funzionamento di questi due sistemi, con una rapidità nelle reazioni (es. focalizzazione dell’attenzione su uno stimolo) alternata a una lentezza in alcuni processi cognitivi (es. elaborazione cognitiva approfondita dello stimolo), sia adattiva per la nostra specie, e che per questo sia ben radicata nel nostro funzionamento cerebrale.

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Essere lenti in una società veloce

Nonostante questo, quando pensiamo all’organizzazione delle nostre vite, l’essere lenti viene percepito come un problema, un ostacolo al raggiungimento dei nostri obiettivi e del successo.

Se consideriamo lo studio, spesso gli studenti arrivano ad un momento in cui si sentono “sopraffatti” dal quantitativo di materiale da studiare, e a quel punto l’essere rapidi nel leggere e memorizzare tutto viene percepita come una priorità.

In realtà, ci sono molti dati empirici che ci dicono come la lentezza sia un elemento che favorisce l’apprendimento, e quindi può non solo non essere un problema, ma diventare una caratteristica auspicabile dello studente.

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I vantaggi della lentezza

La lentezza sta ad esempio nel prendersi tempo, ore, giorni o, in alcuni casi, settimane. I tempi di concentrazione di ognuno sono variabili, ma sappiamo che riusciamo a tenere livelli ottimali di concentrazione per circa 25 minuti, prima che questa inizi gradualmente a diminuire, se non si fanno delle piccole pause.

Quindi la tendenza a procrastinare per poi fare delle full-immersion di molte ore di studio a ridosso dell’esame, per la maggior parte delle persone non è una buona strategia.

Diluire nelle giornate, sin dall’inizio dei corsi, delle brevi sessioni di studio, sembra essere più funzionale. Questo permette anche di riprendere in mano più volte il materiale da studiare (es. a lezione, a qualche giorno dalla lezione, e nelle sessioni di ripasso prima dell’esame), e avere quindi più occasioni per elaborare e comprendere dei passaggi particolarmente difficili o poco chiari.

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Avere tempo permette anche di fare più tentativi, ad esempio nella risoluzione di problemi ed esercizi, e questi tentativi possono portare anche a errori. Sappiamo che il lavoro di identificazione e correzione di errori favorisce la comprensione e l’apprendimento di procedure complesse, e quindi può essere un aiuto allo studio.

La frenesia associata al voler fare tutto rapidamente porta inoltre a forti cali di energia e a vissuti di ansia che vanno poi a intaccare la qualità degli apprendimenti, oltre al benessere dell’individuo.

È stato mostrato che rallentare i ritmi, anche per pochi minuti al giorno, e darsi tempo, diminuisce la tensione emotiva e, di conseguenza, migliora la “performance”, che sia di studio o di lavoro. La lentezza non dovrebbe quindi essere vista come un problema, ma essere valorizzata e integrata nei piani di studio di ogni studente.

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References

[1] Kahneman, D. (2011) Thinking, Fast and Slow, Farrar, Straus & Giroux.

[2] Apple, D. K., & Ellis, W. (2015). Learning how to learn: Improving the performance of learning. International Journal of Process Education, 7(1), 21-28.

[3] Kringelbach, M. L., McIntosh, A. R., Ritter, P., Jirsa, V. K., & Deco, G. (2015). The rediscovery of slowness: exploring the timing of cognition. Trends in cognitive sciences, 19(10), 616-628.

Scritto da

Valentina Tobia
Valentina Tobia

Psicologa, con un dottorato di ricerca in Psicologia sperimentale, linguistica e neuroscienze cognitive, dal 2019 è ricercatrice alla Facoltà di Psicologia UniSR. Si occupa di processi di apprendimento in età prescolare e scolare, sia considerando lo sviluppo tipico sia in relazione a difficoltà e disturbi specifici dell’apprendimento. Fa ricerca anche nell’ambito del benessere scolastico e degli effetti degli stressors nel contesto scuola. Svolge attività clinica presso il servizio di Psicopatologia dello Sviluppo dell’Ospedale San Raffaele Turro e collabora con diverse scuole come psicologa scolastica e formatrice.

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