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Vita da mancini: sfide, falsi miti e curiosità

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Vita da mancini: sfide, falsi miti e curiosità

27 lug, 2021

Il mondo in cui viviamo è maggiormente progettato per i destrimani, vale a dire le persone che usano di preferenza la mano destra, mentre i mancini devono più spesso affrontare scomodi inconvenienti: dalle forbici ergonomiche alle sedie da conferenza con tavolino ribaltabile, dall’apriscatole agli shortcut per tastiera posizionati a destra. Per i mancini, non sono poche le difficoltà legate alla vita quotidiana.

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Dal 1992 il Club “Lefthanders International” ha istituito la giornata internazionale dei mancini che ricade annualmente il 13 agosto: scopo della ricorrenza è quello di aumentare la consapevolezza presso l’opinione pubblica sulle implicazioni del mancinismo, incluse le sue difficoltà e i suoi punti di forza.

Mancini si nasce? Da un punto di vista neurologico, vi sono differenze rispetto ai destrimani? È vero che molti grandi artisti fossero mancini? Costringere i bambini a utilizzare la mano destra provoca ripercussioni sul cervello adulto?

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Mancini si nasce? Perché?

Il processo che conduce alla lateralità manuale (LM), ovvero all’uso preferenziale di una mano rispetto all’altra (e quindi anche della mano sinistra rispetto alla destra), sembra essere influenzato da diversi fattori: genetici, prenatali, cerebrali e ambientali. Che esista un imprinting deterministico alla base della lateralità manuale è suggerito da diverse evidenze.

Al di là del fatto che c’è una correlazione più alta tra la lateralità manuale di genitori e figli biologici rispetto a quella di genitori e figli adottivi, un contributo importante sull’ereditabilità della lateralità manuale l’hanno offerto gli studi gemellari. Ciò che emerge da questi studi, che tipicamente confrontano gemelli che condividono lo stesso genoma e gemelli eterozigoti, è che circa il 25% della varianza fenotipica della lateralità manuale ha una componente genetica.

Tanto per fare un paragone, l’ereditabilità di un tratto come l’altezza si aggira intorno all’80%. Ciò significa che la lateralità manuale ha sì una base genetica, ma che altri fattori hanno certamente un ruolo nello sviluppo della preferenza manuale. Inoltre, come indicano studi associativi condotti sull'​intero genoma (GWAS), la lateralità manuale sembra essere un fenotipo complesso influenzato da molteplici varianti genetiche piuttosto che da un singolo gene.

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Se una domanda come “Mancini si nasce?” è difficilmente liquidabile con una risposta binaria (sì/no), un dato sufficientemente consolidato è che la maggioranza degli individui mostra una preferenza per l’uso della mano destra.

Secondo una meta-analisi recente, l’uso preferenziale della mano destra caratterizzerebbe circa il 90% della popolazione occidentale. È lecito chiedersi perché, a questo proposito, se i mancini rappresentano una quota nettamente inferiore della popolazione generale, la preferenza manuale sinistra venga mantenuta dal punto di vista evolutivo. Un dato interessante è che, più in generale, laddove un bias di lateralizzazione è presente nel comportamento della maggior parte dei vertebrati, la direzione di quel bias (sinistra vs destra) è quasi sempre rappresentata in modo diseguale a livello di popolazione.

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Alcune teorie hanno proposto che il mantenimento di un simile equilibrio sia regolato da pressioni selettive di gruppo. In particolare, la cooperazione tra individui favorirebbe la predicibilità del comportamento, e pertanto la forma di lateralizzazione più rappresentata; viceversa, l’interazione agonistica fra individui favorirebbe la non-predicibilità del comportamento, e pertanto la forma di lateralizzazione minoritaria. Il mantenimento di proporzioni diseguali di ciascuna forma di lateralizzazione a livello di popolazione favorirebbe pertanto l’interazione tra individui funzionalmente asimmetrici.

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Da un punto di vista neurologico, vi sono differenze rispetto ai destrimani?

La questione è complessa e coinvolge piani di descrizione diversi. È complessa anzitutto perché il fenomeno della lateralizzazione emisferica, un principio fondamentale dell’organizzazione cerebrale della nostra specie, rimane a tratti oscuro. Dal punto di vista funzionale, rispetto alla preferenza manuale sinistra, la preferenza manuale destra sembra essere associata ad una più marcata lateralizzazione emisferica per funzioni cognitive tipicamente lateralizzate, come il linguaggio e l’attenzione spaziale. Ciò significa che, a fronte di compiti che implicano tali funzioni, nei mancini vi è una quota maggiore di lateralizzazione atipica, e un coinvolgimento di aree cerebrali maggiormente distribuito e bilaterale.

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A tal proposito si è ipotizzato, anche sulla base di dati neuroanatomici, che nei soggetti mancini i due emisferi operino in modo più integrato rispetto ai soggetti destrimani, con livelli più efficienti di comunicazione interemisferica. D’altra parte, una lateralizzazione meno marcata nei soggetti mancini potrebbe derivare, almeno in parte, dalla pressione esercitata da un’architettura ambientale a misura di destrimani. Il fatto che i soggetti mancini siano a volte indotti ad usare la mano destra per eseguire un certo compito, accumulando quindi pratica con quella mano, è probabilmente causa di un conflitto tra le dinamiche intrinseche di questi soggetti e le esigenze ambientali esterne. Ciò potrebbe risultare in una ridotta asimmetria del comportamento motorio, con ripercussioni a livello di dominanza emisferica.

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Si dice che gran parte degli artisti più estrosi (pittori, attori, musicisti) fossero mancini: quanto c’è di vero?

L’uso preferenziale della mano sinistra è stato associato a tutto e al contrario di tutto: dai vantaggi cognitivi ai disturbi dell’apprendimento, dall’orientamento sessuale alla predisposizione a sviluppare disturbi psichiatrici come schizofrenia ed autismo. Una presunta associazione tra le più note è quella tra lateralità manuale ed intelligenza, rispetto alla quale sono emersi risultati particolarmente contrastanti.

Alcuni studi in passato hanno riportato una associazione positiva tra alcune forme di intelligenza e uso preferenziale della mano sinistra. Altri hanno riportato vantaggi cognitivi associati all’uso preferenziale della mano destra. Una meta-analisi recente mostra invece che le differenze tra soggetti destrimani e mancini a livello di abilità cognitiva generale sono di fatto trascurabili. È quindi difficile, al momento, sostenere che vi sia una relazione di qualsiasi segno tra lateralità manuale ed abilità cognitiva.

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Lo stesso dicasi per un altro costrutto piuttosto elusivo associato spesso all’uso preferenziale della mano sinistra: la creatività. Effettivamente pare che alcune grandi personalità artistiche del passato, da Michelangelo a van Gogh, fossero mancine. Si potrebbe ipotizzare, a questo proposito, che in un mondo a misura di destrimani il fatto di essere mancini stimoli forme di adattamento particolarmente ingegnose. Dopodiché c’è da chiedersi quante altre personalità “creative” siano state in passato e siano attualmente destrimani, senza che questo salti all’occhio proprio perché l’uso preferenziale della mano destra è largamente prevalente nella popolazione generale.

Occorre sottolineare che, laddove evidenze scientifiche esistono per le associazioni appena menzionate, è verosimile che la conflittualità dei risultati derivi, almeno in parte, dal modo in cui i costrutti in gioco sono concettualizzati e misurati. La stessa lateralità manuale è stata trattata in letteratura come variabile dicotomica, categorica o continua, e misurata con strumenti diversi.

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Pare che il pittore olandese van Gogh (1853-1890) fosse mancino. Vincent van Gogh, Autoritratto (particolare), 1889. © Musée d'Orsay, dist.RMN-Grand Palais / Patrice Schmidt

 

Storicamente si costringevano i bambini mancini a utilizzare la mano destra; questa forzatura ha ripercussioni sul cervello adulto?

Nel nostro lessico c’è ancora traccia di un pregiudizio superstizioso nei confronti della mano sinistra: il “sinistro” è un incidente stradale, uno “sguardo sinistro” è uno sguardo minaccioso, un “tiro mancino” è un atto sleale etc. Se questo pregiudizio è particolarmente radicato nella cultura giudaico-cristiana, è ben nota, più recentemente, la bizzarra associazione lombrosiana tra mancinismo e personalità criminale.

Fino a pochi decenni fa, l’uso preferenziale della mano sinistra è stato spesso considerato socialmente esecrabile, e pertanto da correggere durante l’infanzia. Questo tipo di atteggiamento si fondava tra l’altro sulla convinzione che la lateralità manuale fosse appresa come si imparano le tabelline, e completamente modellata da fattori ambientali. In realtà, l’emergere di asimmetrie posturali e motorie, inclusa la preferenza manuale, è documentato già a partire dal primo trimestre di gestazione. Dati longitudinali indicano che l’uso preferenziale di arti superiori singoli nel grembo materno è un buon predittore della lateralità manuale postnatale.

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Tra l’altro, anche quando le pressioni sociali si traducono in un mancinismo “convertito” ad esempio per la scrittura, i soggetti mancini di solito mantengono la preferenza manuale sinistra per molte altre attività manuali. Ci si è chiesti se questo mancinismo “convertito”, di fatto un conflitto tra preferenza manuale e pressioni sociali o standard educativi durante l’infanzia, impatti su struttura e funzione del cervello adulto. La risposta sembra essere affermativa.

Utilizzando la tomografia a emissione di positroni (PET), un lavoro pionieristico di Siebner e colleghi ha mostrato che un mancinismo “convertito” e persistente nel tempo ha un impatto sul controllo cerebrale motorio della scrittura. In particolare, mentre in soggetti destrimani un compito sperimentale di scrittura manuale risultava associato ad una attivazione di aree parietali e premotorie dell’emisfero sinistro, nei mancini “convertiti” lo stesso compito attivava pattern maggiormente distribuiti a livello bilaterale, con reclutamento selettivo della corteccia parietale, premotoria e temporale destra. Il coinvolgimento dell’emisfero destro nei mancini “convertiti” rifletterebbe un mancinismo “mascherato” persistente e/o la soppressione di movimenti indesiderati della mano sinistra durante il compito di scrittura. Tracce di questa “conversione” sono state individuate anche a livello di macrostruttura cerebrale.

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Scritto da

Nicola Del Maschio
Nicola Del Maschio

Nicola Del Maschio è ricercatore in Linguistica Generale presso la Facoltà di Psicologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele. Si occupa prevalentemente di basi cerebrali del linguaggio e del bilinguismo. Ama l’arte, il design, e la musica, che ascolta senza fare nient’altro. Nel tempo libero gioca a golf e si fa portare a spasso da Ercole, un Jack Russell che si crede un Alano.

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