I professionisti sociosanitari si trovano oggi ad agire in contesti sempre più complessi ed esigenti, specialmente dato l’incremento di pazienti anziani, cronici e affetti da vari gradi di fragilità sociale. Dalla necessità di supportare tali professionisti, e garantire la migliore assistenza tecnica e relazionale possibile, e grazie alla collaborazione strutturata e interdisciplinare fra la Facoltà di Medicina e Chirurgia e la Facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele, è nato il progetto “Home, hospitals, humans: the impact of space and time in long term care delivery and aging”, tra i vincitori del bando Cariplo “Ricerca sociale sull'invecchiamento: persone, luoghi, relazioni” 2018. Coordinatore del progetto è il Prof. Roberto Mordacci, Preside della Facoltà di Filosofia e Ordinario di Filosofia Morale UniSR.
Lo scopo principale del progetto è indagare l’impatto di luoghi, tempi e relazioni sul benessere degli operatori sociosanitari, nella misura in cui questo ricade a sua volta sul benessere della persona ricoverata in ospedale o assistita sul territorio.
Nell’ambito di questo progetto, raccogliamo le riflessioni del Dott. Federico Pennestrì, collaboratore di HHH, Dottore di Ricerca in Filosofia e Scienze della Mente e docente di “Riabilitazione nel mondo” (Corso di Laurea Magistrale in Scienze Riabilitative delle Professioni Sanitarie), "Sociologia delle organizzazioni sanitarie" (Master in Management per il Coordinamento delle Professioni Sanitarie) e “Bioetica” (Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia (Italiano); IMD Program; Corso di Laurea in Infermieristica (sede di Bergamo)).
Italia, paese di professionisti sanitari e istituzioni frammentate
L'Italia è il quinto paese OCSE [Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, N.d.R.] per aspettativa di vita alla nascita, ma rientra fra i primi in quanto a disabilità e disturbi cronici oltre la soglia dei 65 anni. Ciò significa che si vive di più ma spesso si vive peggio. L'Italia è un paese tenuto in piedi da professionisti sanitari eccellenti, il cui lavoro è penalizzato da una profonda frammentazione istituzionale, specialmente nel caso dei pazienti che più hanno bisogno di assistenza continuativa (in quanto presentano disturbi cronici), multidisciplinare (in quanto presentano più di un disturbo contemporaneamente) e integrata (in quanto hanno bisogno di essere guidati). Ciò che il medico inglese Julian Tudor-Hart descriveva nel 1971 come inverse care law: più hai bisogno di assistenza, più fatichi ad accedervi.
Sempre più evidenze internazionali sottolineano come gli anziani “cadano fra i buchi” (fall through the gaps) della frammentazione assistenziale, e come tale rischio cresca in proporzione al grado di morbilità e fragilità del paziente. Il problema non è dunque l'Italia, ma la presenza di una offerta assistenziale diversa rispetto ai bisogni epidemiologici, sociali e demografici emergenti, proprio all’interno di quei paesi in cui la popolazione ha potuto accedere al massimo delle potenzialità terapeutiche e preventive espresse dalla medicina nella sua età dell’oro. In altre parole, stiamo vivendo “gli effetti collaterali di una epidemia di salute” (the side-effects of a health epidemic).
Rischi ed esigenze dei pazienti
In Inghilterra il 20% dei pazienti si rivolge al proprio medico di medicina generale presentando innanzitutto problemi di natura sociale. In Cile (paese significativo perché fra i primi del Sud America a dotarsi di un sistema sanitario di ispirazione europea, e forse per questo caratterizzato da una delle aspettative di vita alla nascita più alte del mondo) uno studio su 51 soggetti ipertesi dimostra l’importanza che i pazienti cronici concedono al tempo e all’incoraggiamento ricevuti dai loro sanitari di riferimento, anche a prescindere dall’appropriatezza del trattamento prescritto.
Il che da una parte espone i soggetti fragili – ancor più se anziani – al rischio di consulenze e comportamenti non professionali: il tempo non equivale, di per sé, alla qualità e alla sicurezza delle cure ricevute; dall’altro sottolinea l’esistenza di un bisogno che pur esiste: quello di ricevere ascolto e di godere di un punto di riferimento accessibile. Secondo una meta-analisi di 148 studi condotti su un totale di quasi 310.000 partecipanti più si vive lontani dal proprio punto di riferimento, più si è esposti a tutte le cause di mortalità prevenibile, con un incremento del rischio che cresce fino al 50%, superiore a condizioni di rischio come obesità, fumo e inattività fisica cronica.
Maggiore stress = medicalizzazione non appropriata
Il dato, richiamato in un post della scorsa estate pubblicato da Harvard Women’s Health Watch proprio per sottolineare il nesso fra isolamento sociale e mortalità, illustra in che misura il senso di sicurezza possa incidere sulla propria pelle tanto quanto l’efficacia dei singoli trattamenti atti a prevenire l’insorgenza di patologie prevenibili e complicazioni.
Talvolta addirittura di più: quando si percepisce di non avere il controllo sulla propria salute, maggiore medicalizzazione può generare maggiore stress, e maggiore stress si traduce più facilmente in maggiore medicalizzazione non appropriata. Ciò può accadere più facilmente, ad esempio, in caso di trattamento polifarmacologico, di ripetute prestazioni diagnostiche, di frequenti visite di controllo prive di coordinazione professionale e di frequenti accessi inappropriati al pronto soccorso, come in Svezia, dove pazienti abbandonati a sé stessi una volta dimessi dal ricovero tornano spesso in ospedale in condizioni peggiori.
Ciò significa che non c'è sostenibilità finanziaria - né efficacia degli investimenti in tecnologie assistenziali eccellenti, se non si tiene conto delle esigenze psicologiche, logistiche e sociali del paziente. Specialmente quando questi sono anziani. E il loro punto di vista – priorità esistenziali ed esigenze assistenziali – è il primo ad essere tradizionalmente sottovalutato.
I dati a tal proposito sono infiniti, molti dei quali sono stati raccolti e interpretati nell’ultimo lavoro prodotto dal gruppo di ricerca UniSR sulle determinanti spaziali, temporali e relazionali che incidono sull’assistenza alla persona anziana (“Home, Hospitals, Humans: the impact of space and time in long term care delivery and aging”), pubblicato da Politiche Sanitarie – Italian Journal of Health Policy nell’ultimo numero uscito in Giugno: Mind the Gap: l’impatto della frammentazione assistenziale sul benessere del paziente anziano, cronico e complesso.
Il contesto assistenziale è essenziale tanto quanto i trattamenti prescritti
Lo studio sostiene l’ipotesi che il contesto entro cui l’anziano è assistito possa incidere sul suo benessere tanto quanto l’efficacia dei trattamenti prescritti, specialmente quando l’anziano deve evitare il più possibile di andare verso l’ospedale e di tornarci; e propone preliminari esperienze di policy nell’ottica del potenziamento della rete territoriale:
- l’importanza del medico di base
- il supporto dello specialista ospedaliero
- nuovi modelli di identificazione del bisogno latente (health population management)
- nuovi modelli di presa in carico proattiva del paziente (care management)
- nuovi modelli di finanziamento integrato per percorso ed esiti (personal health budget)
- nuovi modelli di riabilitazione funzionale al domicilio (reablement) e di partecipazione sociale (social prescribing).
La sua quotidianità è fatta di luoghi (dove l’anziano vive, dove deve recarsi in caso di necessità, la capacità di spostarsi, le barriere architettoniche, le frequenti transizioni fra i luoghi di cura, o verso le lungodegenze o residenze assistite), tempi (i tempi di presa in carico, la routine quotidiana, i tempi di attesa) e persone (avere un punto di riferimento pronto e informale, uno accessibile e professionale, un contesto entro cui sentirsi il più possibile al sicuro, e i vari professionisti che eventualmente incontra nelle stesse transizioni): l’identificazione delle variabili contestuali che incidono sul benessere della persona anziana rappresenta un investimento doveroso e costo-efficace nei termini di una presa in carico integrata e proattiva della persona anziana.
Il benessere degli operatori coinvolti nell’assistenza quotidiana all’anziano, a sua volta, risente in modo significativo delle medesime variabili: luoghi (caratteristiche del luogo in cui si lavora - ospedale, ambulatorio, residenza sanitaria assistita; tempi di percorrenza; spazi da presidiare), tempi (turnazioni, tempi di sposamento fra casa e lavoro, organizzazione del reparto) e persone (rapporti con i colleghi, con i pazienti, con i loro parenti e con la rete assistenziale al di fuori del proprio setting lavorativo). A tal proposito, la proposta di studio sul campo da parte del gruppo di ricerca HHH è stata recentemente descritta e pubblicata nel numero 34/2020 di Italian Journal of Nursing.