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Pandemic Fatigue, ovvero la “fatica” di convivere con Covid-19

Cultura e società

Pandemic Fatigue, ovvero la “fatica” di convivere con Covid-19

23 nov, 2020

Con l’avvento della pandemia da Covid-19, l’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’Unione Europea hanno posto l’accento sull’importanza dell’attenzione ai temi psicologici, sociali e comunicativi per un contrasto efficace al Covid-19. È nato così il documento “Pandemic fatigue – reinvigorating the public to prevent Covid-19”, commissionato dagli Stati membri dell’Unione Europea, che suggerisce alcune strategie per mantenere e rinnovare il sostegno del pubblico alle norme di sicurezza anti-Covid-19.

In cosa consiste tale progetto? Qual è l’esperienza di UniSR in merito alla “pandemic fatigue”? Una riflessione del Prof. Andrea Fossati, Ordinario di Psicometria e Preside della Facoltà di Psicologia UniSR, e della Dott.ssa Antonella Somma, Ricercatrice in Psicometria UniSR.

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Il documento “Pandemic fatigue”

Con l’azione “Pandemic fatigue – reinvigorating the public to prevent Covid-19”, OMS e UE affrontano la questione della prostrazione – questa è forse la traduzione calzante del termine “fatigue” – legata sia alla difficoltà delle persone di vivere le proprie vite nella presenza della pandemia da Covid-19, sia al peso che le misure di contenimento della pandemia in essere hanno sulla vita delle persone.

Soprattutto, rappresenta un grande impulso agli studi psicologici per arrivare a stabilire se possiamo utilizzare un termine passe-partout come “prostrazione da pandemia”, oppure se dobbiamo differenziare i diversi scenari che possono confluire in una generale perdita di interesse ed energia delle persone nel partecipare attivamente al contrasto della Covid-19 per la messa in atto di politiche di contenimento più incisive e meno onerose sul piano del benessere psicologico, anche pensando a possibili scenari futuri.

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Si tratta di un impatto che ha luogo su tutte le persone coinvolte, i cui esiti dipendono da numerosi fattori politici, sociali ed individuali. Riconoscendo l’impatto che il convivere con una pandemia e con le sue conseguenze ha sul comportamento e sul benessere psicologico delle persone, con particolare riferimento cittadini della UE, e riconoscendo la necessità di un interscambio di conoscenze tra diversi paesi per la messa a punto di misure di contrasto sostenibile, l’azione rappresenta non solo un cambio di passo nelle politiche OMS/UE di contrasto alla pandemia in atto, ma anche un cambiamento di paradigma, sottolineando l’importanza degli aspetti psicologici (e comunicativi) nella gestione di una pandemia.

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L’assuefazione al rischio

Alla consapevolezza dell’impatto dei provvedimenti di contrasto alla pandemia da Covid-19 sul benessere psicologico, l’azione OMS/UE sembra aggiungere la raggiunta cognizione che la “nuova normalità” non è né normale, né nuova, almeno in base alle reazioni diffuse.

Quello che sembra emergere è la tendenza delle persone ad assuefarsi al rischio se questo perdura nel tempo, un fenomeno noto sin dalle esperienze delle popolazioni civili e militari coinvolti nei conflitti del ’900.

Non è certo nostra intenzione paragonare un teatro di guerra con le sue atrocità ad un fenomeno pandemico: si tratta solo di un esempio per fare comprendere come l’assuefazione al pericolo sia un fenomeno noto da tempo e come questa assuefazione porti a trascurarne gli esiti nefasti.

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Una “fatigue” condivisa anche al di fuori dell’UE

A questo proposito, un primo auspicabile esito dell’azione OMS/UE consisterà nell’evitare di fare confluire nel termine “prostrazione” (fatigue) fenomeni diversi, con origini differenti, dei quali la prostrazione può rappresentare l’esito, non la natura.

Fin dai primi mesi del 2020 sono apparsi su Lancet lavori della comunità scientifica cinese [1, 2] che riportavano come le misure di contenimento della pandemia adottate in Cina, efficaci in termini di contrasto nella diffusione della COVID-19, avevano un impatto notevole in termini di condizioni ansiose e depressive sulle persone [3, 4], particolarmente in età adolescenziale (dove non erano rari i fenomeni post-traumatici).

I dati riferibili alle popolazioni occidentali hanno largamente confermato le prime comunicazioni relative all’impatto delle misure contenitive, pur nella marcata differenza tra le strategie adottate in Europa e quelle adottate in Cina (oltre che nella variabilità dei provvedimenti tra i diversi Paesi Europei).

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L’indagine di UniSR

Per esempio, una nostra prima indagine in rete su oltre 1200 partecipanti italiani prima delle misure di lockdown nel marzo 2020 aveva indicato una possibile prevalenza di problematiche internalizzanti (ansia, depressione, stress, ecc.) in meno del 15% del campione.

Un nostro secondo sondaggio [5] su circa 300 partecipanti online che avevano accettato di farsi seguire per tutta la durata del lockdown ha fornito un quadro differente: circa il 43% del campione aveva indicato di avere dei sintomi internalizzanti (ansia, depressione e/o stress acuto) di rilievo clinico all’inizio del lockdown, che si era ridotto a circa il 32% al termine del lockdown.

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È facile comprendere come questi aspetti avevano iniziato a produrre una riflessione nella comunità scientifica della psicologia (e non solo): se l’ansia induce a evitare il pericolo – quindi ad adottare comportamenti protettivi – gli aspetti depressivi fanno perdere fiducia sia nella propria capacità di affrontare le difficoltà, sia nei provvedimenti proposti. A questo vanno poi aggiunte le preoccupazioni per la situazione economica e lavorativa che molte persone avevano (e hanno) legate ai provvedimenti contenitivi.

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UniSR a tutela di studenti e operatori sanitari

La consapevolezza dell’impatto delle misure di lockdown sul benessere psicologico delle persone è stato un elemento centrale nel promuovere nella nostra Facoltà una serie di azioni legate alla tutela sia dei nostri studenti (per esempio, le azioni sulla qualità del sonno), sia degli operatori sanitari impegnati nel contrasto della Covid-19, per non parlare delle attività a supporto dei degenti e dei loro familiari e delle importanti attività scientifiche legate alla Covid-19.

È stato anche uno dei motivi che ci hanno spinto, in maggioranza, a prediligere le lezioni in streaming, per fare sentire ai nostri studenti la presenza nostra e di tutto l’Ateneo e per preservare i gruppi-classe nella loro funzione di mutuo aiuto tra pari.

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Riferimenti bibliografici

[1] Lee, J. (2020). Mental health effects of school closures during COVID-19. The Lancet Child & Adolescent Health, 4(6), 421. DOI: https://doi.org/10.1016/S2352-4642(20)30109-7

[2] Wang, G., Zhang, Y., Zhao, J., Zhang, J., & Jiang, F. (2020). Mitigate the effects of home confinement on children during the COVID-19 outbreak. The Lancet, 395(10228), 945-947. DOI: https://doi.org/10.1016/S0140-6736(20)30547-X

[3] Wang, C., Pan, R., Wan, X., Tan, Y., Xu, L., Ho, C. S., & Ho, R. C. (2020a). Immediate psychological responses and associated factors during the initial stage of the 2019 coronavirus disease (COVID-19) epidemic among the general population in China. International Journal of Environmental Research and Public Health, 17(5), 1729. DOI: 10.3390/ijerph17051729

[4] Wang, C., Pan, R., Wan, X., Tan, Y., Xu, L., McIntyre, R. S., ... & Ho, C. (2020b). A longitudinal study on the mental health of general population during the COVID-19 epidemic in China. Brain, Behavior, and Immunity. Advanced online publication. DOI: https://doi.org/10.1016/j.bbi.2020.04.028

[5] Somma, A., Krueger, R. F., Markon, K. E., Gialdi, G., Colanino, M., Ferlito, D., Liotta, C., Frau, C., & Fossati, A. (2020b). A longitudinal study on clinically relevant self-reported depression, anxiety and acute stress features among Italian community-dwelling adults during the COVID-19 related lockdown: Evidence of a predictive role for baseline dysfunctional personality dimensions. Manuscript under review.

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